Anche la plastica biodegradabile, quella con cui si producono bottiglie e sacchetti ecofriendly, inquina i mari. A sostenerlo, come segnala Pro.Mo Report, è il capo dei ricercatori dell’Unep (agenzia dell’Onu per l’ambiente) in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico Guardian, in occasione dell’Assemblea Onu dell’Ambiente a Nairobi. Nell’intervista, Jacqueline McGlade, spiega che questo tipo di plastica, nata per risolvere il problema del suo impatto sull’ambiente, non ha raggiunto il risultato che si sperava: “La plastica etichettata biodegradabile, come ad esempio le borse per la spesa, è in grado di dissolversi solo a 50°C, temperature inarrivabili in oceano. Inoltre, per loro natura affondano e quindi non restano esposte ai raggi e al calore del sole per potersi sciogliere“.
Stessa posizione, spiega Pro.Mo Report, era stata espressa da European Bioplastics, l’associazione che rappresenta il mondo della bioplastica. Le plastiche biodegradabili sono spesso considerate come una possibile soluzione a questo problema poiché possono essere decomposte da microrganismi che non producono residui tossici. Ma il processo di biodegradazione dipende da determinate condizioni ambientali. I prodotti adatti al compostaggio industriale (definiti dallo standard EN 13432) si degradano nelle condizioni esistenti negli impianti di compostaggio, ma non in quelle presenti in natura. La strada da seguire è sempre più quella del riciclo, con corretti comportamenti da parte dei consumatori e la consapevolezza che è necessario un appropriato smaltimento a prescindere dal tipo di packaging.