Buchi neri lampeggianti: spiegata per la prima volta l’Oscillazione Quasi Periodica

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Lo hanno chiamato “vortice gravitazionale”, e potrebbe risolvere un mistero astronomico che dura da oltre 30 anni: si tratta di un fenomeno che avviene ai confini dei buchi neri, e che è stato spiegato dal Nuclear Spectroscopic Telescope Array (NuSTAR) della NASA. Per comprenderlo, così come per capire le potenzialità di questa scoperta, occorre tornare intorno agli anni ’80, quando i pionieri dell’astronomia cominciavano a utilizzare i primi telescopi a raggi X per osservare i buchi neri massicci, scoprendo qualcosa di inaspettato: questi mostri galattici emettevano radiazioni che lampeggiavano in base a uno schema ben preciso. Prima ogni 10 secondi, poi ogni secondo, fino ad arrivare a un periodo di oscillazione di 10 volte al secondo; infine, il lampeggio intermittente s’interrompeva di colpo. Questo fenomeno è stato battezzato “Oscillazione Quasi Periodica” (QPO, dall’inglese Quasi Periodic Oscillation).

Durante gli anni ’90 – spiega l’ASI – gli astronomi hanno iniziato a sospettare che la QPO fosse associata a un effetto gravitazionale predetto dalla Relatività Generale di Einstein, secondo cui un oggetto in rapida rotazione dovrebbe creare attorno a sé una specie di vortice.

È come far girare un cucchiaio nel miele: immaginate che il miele sia lo spazio, e qualunque cosa cada nel miele venga ‘trascinata’ vicino al cucchiaio rotante. Nella realtà, questo significa che qualunque oggetto orbitante attorno a un corpo in rotazione subirà un cambio di moto” spiega   Adam Ingram dell’Università di Amsterdam, che ha iniziato a studiare l’Oscillazione Quasi Periodica nel 2009 e oggi fa parte del team di ricerca che ha analizzato i risultati di NuSTAR. Ingram ha iniziato ad affrontare il problema analizzando ciò che accade nella porzione di materia che circonda i buchi neri, nota come disco di accrescimento, ipotizzando che la QPO derivasse dal progressivo riscaldamento di questo disco. Una teoria confermata prima dall’Osservatorio a raggi X XMM-Newton dell’ESA e ora definitivamente dal telescopio NuSTAR della NASA.

Insieme a colleghi da Amsterdam, Cambridge, Southampton e Tokyo, Ingram ha utilizzato i due strumenti per un’osservazione a lungo termine del fenomeno QPO. I ricercatori hanno scelto il buco nero H 1743-322, che presentava oscillazioni ogni 4 secondi, osservandolo per 260.000 secondi con XMM-Newton e per 70.000 secondi con NuSTAR. “La capacità ad alta energia di NuSTAR è stata determinante – dice Ingram said – e ha confermato che il disco di accrescimento emette radiazioni che riscaldano gli atomi di ferro, facendoli brillare come una sorta di luce fluorescente”. Dopo un’analisi rigorosa di tutti i dati osservativi, i ricercatori hanno confermato che questo “tremolio” luminoso degli atomi di ferro è in accordo con la Relatività Generale. “Abbiamo così misurato per la prima volta in modo diretto – conclude Ingram – il movimento della materia nel forte campo gravitazionale che si forma vicino a un buco nero”.

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