“Può suonare bizzarro, ma quando è nata Dolly io stavo facendo giardinaggio“: a ricostruire i primi momenti di vita dell’ovino più famoso al mondo è il ‘papà’ del primo animale clonato, lo scienziato Ian Wilmut, che insieme al collega Keith Campbell lavorò alla ricerca che proprio vent’anni fa, il 5 luglio del 1996, portò alla nascita di Dolly nei laboratori scozzesi del Roslin Institute a Edimburgo. “Sapevamo che, se questo agnello fosse sopravvissuto, sarebbe stato il primo animale clonato da una cellula adulta. Era il luglio del ’96 – ricorda Wilmut in un lungo articolo firmato sul ‘New Scientist’ – e avevo dato istruzioni che solo le persone che dovevano assistere alla nascita fossero lì. Io ho seguito le mie stesse regole“. “Il mio collega Keith Campbell, che ha avuto un ruolo tanto importante, era in vacanza“. Quanto tornò “andammo tutti a cena. Il circo mediatico è iniziato molto tempo dopo, nel febbraio dell’anno successivo, quando fu pubblicato lo studio. A distanza di vent’anni può sembrare semplice ricostruire tutto in una timeline, passo dopo passo“. Ma non è così. “Dolly ha cambiato un aspetto fondamentale della nostra comprensione dello sviluppo biologico. Ma il suo arrivo non ha ordinatamente collegato il mondo in tutto ciò che c’era prima e tutto ciò che è venuto dopo“. Per Wilmut si tratta comunque di un passaggio chiave verso il filone di ricerca che ha portato alle terapie con cellule staminali. Nella sua rievocazione Wilmut ricorda il suo arrivo al Roslin Institute dopo una prima fase di ricerche sulla biologia della riproduzione all’Università di Cambridge. Gli studi sulla congelazione di embrioni di mucca che avevano portato alla nascita di Frostie, il primo vitello nato da un embrione surgelato, nel 1973. Poi ci furono gli anni al Roslin, gli studi sulla genetica molecolare e la modificazione genica, le ricerche sulla clonazione. I viaggi, i contatti con altri centri. “L’anno prima di Dolly abbiamo clonato due agnelli, Megan e Morag, da cellule embrionali che avevano cominciato a differenziarsi. Così poi abbiamo cercato di capire se potevamo usare” cellule in stadi più avanzati, e quindi “adulte”. Ogni esperimento “ha richiesto un enorme numero di pecore per gli ovuli e per le madri surrogate“. “Stavamo collaborando con PPL Therapeutics, che inaspettatamente avuto alcuni problemi con le linee cellulari. Hanno dovuto smettere di lavorare per un po’, il che significava che improvvisamente avevano un numero considerevole di pecore disponibili. Ne abbiamo parlato intorno a Natale 1995“, e proprio allora “abbiamo ideato l’esperimento di Dolly“. Il resto è storia: utilizzando cellule da tessuto mammario adulto congelato è stato eseguito il trasferimento nucleare in 277 ovuli; 29 embrioni sono stati poi impiantati in madri surrogate. E fra tutti questi potenziali agnellini fotocopia, è “nata solo Dolly“.