Sarà un ingresso trionfale quello di JUNO nell’orbita di Giove, salutato sulla Terra (negli USA in particolare) con fuochi d’artificio oggi 4 luglio perché cade nel giorno che celebra i 240 anni dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti dal Regno di Gran Bretagna. Intorno alle 6 del mattino del 5 luglio ora italiana (in linea di massima la sera del 4 luglio negli USA) la sonda completerà un “burn” del motore principale, manovra che la inserirà nell’orbita del gigante gassoso. Durante la fase di inserimento (chiamata JOI, Juno’s Orbit-Insertion) Juno effettuerà una serie di operazioni in preparazione del “burn” (spinta) che la guiderà in orbita (qui tutti i dettagli e gli orari).
Quasi 3 miliardi di chilometri e 5 anni di viaggio sono ormai alle spalle del veicolo spaziale – 20 metri di ampiezza per 4 e mezzo di altezza – il primo alimentato a energia solare ad operare così lontano dalla nostra stella.
Giove è una gigantesca palla di gas, 300 volte più massiccio della Terra. Proprio a causa delle sue enormi dimensioni il pianeta ha avuto una profonda influenza sull’evoluzione del nostro sistema. Ma la sua origine e la sua evoluzione sono ancora oggi un puzzle da risolvere.
JUNO (JUpiter Near-polar Orbiter), missione a forte partnership italiana, si propone di dare risposte tali questioni fondamentali, ancora irrisolte. Muovendosi su un’orbita polare, studierà i campi gravitazionali e magnetici del gigante di gas, esplorerà le sue nubi vorticose e l’atmosfera, marchio di fabbrica di Giove. Misurerà l’abbondanza di acqua e cercherà di determinare la struttura interna del pianeta, cercando prova della presenza di un nucleo solido.
Una volta agganciato Giove, Juno avrà dunque un bel daffare: lo attendono 20 mesi di intensa attività scientifica e raccolta dati da compiere in 37 orbite servendosi di una suite composta da 9 strumenti principali. Il cuore di Juno sarà l’italianissimo JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), finanziato dall’ASI, realizzato da Finmeccanica e operato sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF. Operante nel vicino infrarosso, lo spettrometro svolgerà indagini negli strati superiori dell’atmosfera gioviana, sarà in grado di rilevare l’eventuale presenza di metano, vapore acqueo, ammoniaca e fosfina e fornirà immagini delle aurore. L’altro componente italiano di Juno è KaT (Ka-Band Translator) uno strumento di radioscienza realizzato dall’Università La Sapienza di Roma, realizzato da Thales Alenia Space Italia sempre con il supporto di ASI.
L’ultimo veicolo terreste a vedere Giove da vicino è stata nel 2007 la sonda New Horizons ‘sorella’ di JUNO, entrambi appartenenti alla famiglia di missioni esplorative NASA del programma New Frontiers. Sono molti i satelliti che hanno visitato Giove, a partire dalle sonde Pioneer e Voyager negli anni 70 fino a Galileo, prima missione interamente dedicata al quinto pianeta.
JUNO sarà però la prima sonda a volare sui poli e lo farà ruotando su stessa due volte al minuto, a mo’ di trottola spaziale. Tale modalità di navigazione da una parte garantirà maggiore stabilità al veicolo, dall’altra permetterà a ciascuno degli strumenti di bordo di godersi il panorama giovano ad ogni giro e all’evenienza, di assistere allo spettacolo delle sue straordinarie aurore.
Tra poche ore il JOI, Jupiter Orbit Insertion

Il JOI, acronimo ‘rilasciato’ proprio dall’Agenzia spaziale statunitense per indicare il Jupiter Orbit Insertion, sarà uno dei momenti più delicati e pericolosi per il veicolo. Per 35 minuti – spiega l’ASI – la sonda alimentata a energia solare accenderà il suo motore principale collocandosi in un’orbita polare, con un periodo di 11 giorni rispetto al pianeta gassoso.
Durante i passaggi ravvicinati, che dureranno circa un giorno terrestre, la sonda si avvicinerà a Giove all’altezza del polo nord per scendere poi rapidamente attraverso le fasce cariche di radiazioni e spingersi verso il polo sud e infine al di sotto di esso, al di là della portata dei raggi nocivi. Di lì JUNO inizierà il programma esplorativo. Sono previste 37 ‘incursioni’, flyby che lo porteranno più vicino a Giove di quanto abbia mai fatto qualsiasi altro veicolo spaziale, scenderà al di sotto della coltre di nubi, sì immergerà nella magnetosfera e nelle sue aurore polari. Ciò per consentire alla sonda di misurare l’abbondanza di acqua nell’atmosfera, di studiare il movimento dei fluidi, mappare i campi gravitazionale e magnetico del pianeta, indagare sulla sua struttura interna.
La fonte di potenziali problemi per la sonda potrebbe trovarsi al di sotto delle nubi gioviane dove uno strato di idrogeno ad altissima pressione agisce come conduttore elettrico. Gli scienziati ritengono che la rotazione veloce di Giove – un giorno sul pianeta dura appena 10 ore – combinata con gli effetti prodotti dall’idrogeno metallico, generi un potente campo magnetico attorno il pianeta con elettroni, protoni e ioni che viaggiano quasi alla velocità della luce.
Il risultato per un veicolo spaziale che entri in questo campo a forma di ciambella fatto di particelle ad alta energia è un incontro con l’ambiente più estremo del sistema solare. E’ stato calcolato che nel corso della vita della missione, JUNO sarà esposto all’equivalente di oltre 100 milioni di radiografie dentali.
La schermature della sonda e la particolare orbita a ovale schiacciato sono state studiate dal team proprio per ridurre al minimo l’esposizione alle radiazioni e permettere al veicolo di sopravvivere il più a lungo possibile all’inospitale ambiente giovano e quindi raccogliere quante più informazioni durante la missione, la cui durata nominale è di 20 mesi.