I lampi gamma o Gamma Ray Burst (GRB) sono il frutto delle esplosioni più luminose nell’universo, ma queste, secondo quanto conferma un recente studio in uscita su The Astrophysical Journal, potrebbero essere molte di più di quanto siamo in grado di osservare, in quanto l’emissione si irradierebbe in un fascio molto ristretto, che potremmo raccogliere solo se indirizzato verso i nostri telescopi.
Lo studio, guidato dall’italiana Eleonora Troja, ora alla NASA, si basa su osservazioni del satellite NASA Chandra X-ray Observatory, del radiotelescopio Very Large Array in New Mexico, dei telescopi Gemini alle Hawaii e Discovery Channel Telescope (DCT) in Arizona.
Il 3 settembre 2014 il satellite Swift (a partecipazione italiana) della NASA rilevò il lampo gamma, GRB 140903A, successivamente localizzato dal telescopio Gemini in una galassia a circa 4 miliardi anni luce da noi. L’emissione durò meno di due secondi, collocando il gamma ray busrt nella categoria dei brevi, quelli conseguenti, secondo gli astronomi, dalla fusione di due stelle di neutroni o di una stella di neutroni e di un buco nero. I GRB lunghi, oltre i due secondi, sarebbero invece il risultato di una Supernova.
Subito dopo la scoperta del GRB 140903A, attribuito alla fusione di due stelle di neutroni, gli autori del nuovo studio hanno osservato la fonte di emissione del lampo gamma con il satellite Chandra, sensibile ai raggi X, e altri telescopi terrestri, rilevando un rapido cambiamento di pendenza in tutte le bande dello spettro elettromagnetico, confermando, come nel modello standard, la presenza in un getto stretto in maniera più diretta di quanto fatto in precedenza. Questo fa si che sia osservabile da noi solo se diretta verso la Terra o comunque con piccole variazioni e, secondo gli autori dello studio, questo accade solo nel 4×1000 dei casi.
Lo studio – spiega l’ASI – potrebbe però avere una valenza per i cacciatori di onde gravitazionali, in quanto il notevole maggior numero di fusioni tra stelle di neutroni ipotizzato, renderebbe più probabile per LIGO riuscire a captare l’onda emessa, anche se conferma l’estrema difficoltà di cogliere i due segnali, il gamma ray burst e l’onda contemporaneamente per lo stretto angolo del getto.