In Italia cresce l’allarme ‘superbatteri‘, dopo che di recente all’ospedale Careggi di Firenze è stata identificata una nuova variante genetica di Klebsiella pneumoniae resistente all’antibiotico colistina. Considerando il ruolo salvavita che questo farmaco ha assunto nella lotta ad altri batteri invulnerabili ai medicinali, gli esperti dell’Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani) ribadiscono “l’estrema attenzione con la quale occorre monitorare l’evoluzione genetica di quei batteri che possono costituire una grave minaccia per la salute dei pazienti ricoverati“.
“Presso il nostro laboratorio – ricorda Gian Maria Rossolini, direttore del Laboratorio di microbiologia clinica dell’azienda ospedaliero universitaria di Careggi, coordinatore del Comitato per lo studio degli antibiotivi (Cosa) dell’Amcli – è stata recentemente identificata una nuova variante del gene mcr-1, denominata mcr-2, in un ceppo di K. pneumoniae resistente alla colistina, appartenente alla linea clonale ST512 e produttore della carbapenemasi KPC. Il ceppo era di origine clinica, da un paziente che non era mai stato trattato con colistina, e il gene mcr-2 è risultato facilmente trasferibile per coniugazione“.
In Italia questo determinante di resistenza è già stato trovato anche in ceppi di Escherichia coli di origine sia clinica sia animale, nonché in altri enterobatteri, ricorda l’associazione. Che esprime appunto “notevole preoccupazione dato il ruolo salvavita che la colistina ha recentemente acquisito per il trattamento delle infezioni da batteri Gram-negativi ultraresistenti, per esempio K. pneumoniae produttrice di carbapenemasi“.
Il reperto fiorentino “è particolarmente allarmante – avvertono i microbiologi – perché il clone di K. pneumoniae ST512 produttore di carbapenemasi KPC è uno dei maggiori responsabili della diffusione epidemica di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi (CRKp) in Italia, ma anche altrove. La comparsa in K.pneumoniae del nuovo meccanismo, trasferibile, di resistenza alla colistina, può portare a una combinazione esplosiva“. E “il fatto che il ceppo sia stato isolato da un paziente che non era stato mai trattato con colistina – rincara l’Amcli – indica un rischio di trasmissione anche in assenza di pressione selettiva diretta“.
“I risultati cui sono pervenuti i colleghi del Careggi confermano che il fenomeno della farmacoresistenza batterica negli ospedali avanza inesorabilmente e che tutte le azioni devono essere messe in atto per cercare di contrastarlo – dichiara Pierangelo Clerici, presidente Amcli, direttore dell’Unità operativa di microbiologia dell’Asst Ovest Milanese – Certamente il ruolo dei microbiologici clinici è determinante non solo per la diagnosi precisa e rapida, ma anche per lo studio della evoluzione epidemiologica“.
“Confermiamo la necessità di creare un tavolo di confronto attivo sul monitoraggio che i laboratori di microbiologia clinica ogni giorno svolgono – conclude Clerici – al fine di identificare strategie comuni di prevenzione e trattamento di quella che a tutti gli effetti costituisce una delle più gravi crisi sanitarie cui dobbiamo dare risposte certe“. AdnKronos