Il 21 agosto del 1962, l’Irpinia veniva colpita da un forte terremoto, con intensità che raggiunsero il IX grado nella scala MCS. Il bilancio fu di quasi venti morti e gli sfollati ammontarono a oltre diecimila. Tuttavia quel sisma, forse perché non causò danni devastanti come altri eventi sismici avvenuti negli anni precedenti e successivi, è stato via via rimosso dalla memoria collettiva degli italiani.
Il terremoto del 21 agosto 1962 ebbe una magnitudo 6,1 Richter e scosse le province di Avellino e Benevento. I centri più colpiti furono – secondo quanto riportato da un interessante articolo dell’INGV – Casalbore e Melito Irpino nell’avellinese e Molinara, Reino, S.Arcangelo in Trimonte nel beneventano. I danni furono ingenti, ma non subito quantificati correttamente nella loro gravità. Molte case rimasero infatti in piedi, nonostante fossero in realtà profondamente danneggiate. Si trattava perlopiù di abitazioni antiche, alcune costruite anche due-trecento anni prima. Questa apparente situazione di ridotto danneggiamento fece diffondere l’appelativo di “terremoto bianco”. In realtà le abitazioni, pur se non collassate, avevano al loro interno profonde cicatrici e risultavano inagibili.
La zona dell’Irpinia, caratterizzata da problemi di diffusa povertà, in un ambito che a stento iniziava a risollevarsi dalle ristrettezze della guerra, venne profondamente scossa da quell’evento. A contribuire alla rimozione di quel terremoto dalla memoria degli italiani fu probabilmente anche la “marginalità” di quell’area in un paese che viveva gli anni del boom economico, e che si buttava alle sue spalle, talvolta maldestramente ed in modo crudele, il suo passato contadino.