Astrofisica: Eridanus II, la galassia che ripudia i buchi neri

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I buchi neri non abitano più negli aloni galattici, regioni di spazio che circondano ad esempio le galassie a spirale, come la Via Lattea. Lo studio di un cluster stellare al centro della galassia nana Eridanus II, una delle galassie satelliti in orbita attorno alla Via Lattea, a 1,2 milioni di anni luce dalla Terra, potrebbe smentire l’ipotesi secondo cui la misteriosa materia oscura, che permea circa un quarto del Cosmo, sia fatta da buchi neri ospitati proprio dagli aloni galattici.
L’ipotesi è contenuta in uno studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, condotto da Timothy Brandt, NASA Sagan Fellow presso l’Institute for Advanced Study di Princeton.
Brandt ha calcolato che il cluster compatto osservato all’interno di Eridanus II non esisterebbe se la materia oscura della galassia fosse fatta di MACHO (MAssive Compact Halo Object), oggetti astronomici compatti di scarsa luminosità, come i buchi neri, candidati a spiegare la massa degli aloni galattici. In particolare, se il cluster ospitasse MACHO di massa superiore alle 15 masse solari. Il raggio del cluster stellare dovrebbe essere, infatti, maggiore di quello osservato, come se il cluster si gonfiasse.
La materia oscura è uno degli ingredienti base del Cosmo, circa cinque volte più abbondante della materia ordinaria, detta “barionica”, che compone tutto ciò che conosciamo, esseri umani compresi. Gli scienziati sanno che esiste, che non assorbe, né emette luce. Ma non sanno ancora quale sia la sua natura. La stima è che circa 100.000 particelle di materia oscura attraversino ogni secondo una superficie pari a quella di un’unghia.
Secondo le teorie più accreditate – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – le galassie sono tenute insieme proprio dalla materia oscura, che agirebbe come una sorta di scheletro senza il quale le galassie si disgregherebbero. Questo collante cosmico sarebbe concentrato ad esempio negli aloni galattici. La presenza di materia oscura negli aloni è stata dedotta dal suo effetto gravitazionale sulla rotazione delle galassie, in special modo quelle a spirale.
Senza grandi quantità di massa nell’alone, la velocità rotazionale di una galassia dovrebbe, infatti, diminuire man mano che ci si allontana dal centro, come succede per le orbite dei pianeti del Sistema solare. Invece, le osservazioni degli spettri di emissione dell’idrogeno, in particolare quelle radio, mostrano che la velocità rotazionale non diminuisce, ma resta costante ben oltre il limite visibile della galassia. In base alle misure effettuate, si stima che la massa delle galassie sia almeno tre volte superiore a quella delle stelle osservate.
La natura della materia oscura presente negli aloni galattici, però, è ancora tutta da dimostrare. In base ad alcune teorie, nello spazio intergalattico la materia oscura potrebbe avere natura non barionica, cioè essere costituita da particelle ancora sconosciute come le cosiddette “WIMP” (Weakly Interacting Massive Particle), mentre gli aloni galattici potrebbero essere composti in larga parte da MACHO. Lo studio dell’Institute for Advanced Study di Princeton sembra, adesso, allontanare quest’ultima ipotesi.

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