Eseguito al Salus Hospital di Reggio Emilia, ospedale di alta specialità Gvm Care & Research, un intervento di chirurgia endovascolare senza precedenti nella letteratura medica. Gioachino Coppi, specialista in chirurgia vascolare, ha effettuato – grazie all’impiego di tecniche mininvasive a basso trauma operatorio, in anestesia locale e sfruttando una via d’accesso chirurgica creata attraverso il secondo spazio intercostale del torace – la risoluzione di un endoleak comparso dopo il trattamento di un aneurisma dell’arteria succlavia destra. “Il paziente, 67 anni, proveniente dalla Liguria, ricoverato in regime Ssn, è stato dimesso nell’arco di sole 24 ore ed è tornato alla vita di tutti giorni in ottima salute“, spiega Coppi.
L’endoleak è la persistenza, anomala, di sangue all’interno del lume del vaso colpito da aneurisma – dilatazione patologica dell’arteria – nonostante l’innesto di un’endoprotesi il cui scopo è quello di escluderlo dal restante circolo sanguigno. “Per raggiungere l’aneurisma – spiega Coppi – abbiamo utilizzato per la prima volta un approccio arterioso, che risulta mai ipotizzato fino ad oggi, ottenuto dall’arteria mammaria all’altezza del secondo spazio intercostale“.
“Ogni altra metodica, valutata assieme al cardiochirurgo – prosegue – era impossibile e troppo rischiosa. Questo modus operandi non convenzionale ha reso un intervento ad alto rischio una procedura più sicura ed efficace: come spesso succede, il difficile di una nuova via d’accesso è intuirla e scoprirla, seguirla poi è facile per tutti“.
“Il quadro clinico iniziale – prosegue Coppi – evidenziava una sindrome di Marfan in un soggetto già operato per dissezione dell’aorta ascendente e sostituzione della valvola aortica; un aneurisma dell’aorta addominale e un caso, complesso, di aneurisma dell’arteria succlavia destra che aveva richiesto il reimpianto dell’arteria vertebrale sulla carotide comune, un bypass carotido-succlavio, la legatura arteriosa a valle dell’aneurisma e un’endoprotesi sull’anonima estesa alla carotide comune destra escludendo l’ostio (apertura) dell’arteria succlavia dilatata“.
“Purtroppo la somministrazione di farmaci anticoagulanti, in quanto portatore di valvola meccanica aortica – afferma – ha favorito il mantenimento di un endoleak da incompleta sigillazione sull’arteria anonima, con deflusso sanguigno verso l’arteria mammaria destra“.
“L’originalità dell’intervento – rileva il chirurgo – consiste nell’aver isolato la mammaria destra in anestesia locale, nell’averla incannulata in modo retrogrado per poi arrivare – tramite cateteri ad hoc – alla sacca aneurismatica chiudendola in modo definitivo con l’inserimento di apposite spirali e colla a base di fibrina. Successivamente si è proceduto anche alla legatura chirurgica della mammaria“. La sindrome di Marfan è una malattia di origine genetica che colpisce un individuo ogni 3.000-5.000 nati. A livello cardiovascolare, la sindrome è correlata a gravi disfunzioni e prolasso della valvola mitralica, insufficienza della valvola aortica e può provocare aneurismi dell’aorta addominale, aritmie cardiache, dilatazione, rottura e dissezione dell’aorta toracica. (Adnkronos)