Problemi di sesso in laboratorio. Un team di ricercatori ha analizzato dozzine di dati da studi genomici, scoprendo che quasi la metà dei campioni ha un ‘problema di identità sessuale‘: è etichettato come proveniente da un uomo, ma la genetica suggerisce che dovrebbe essere di origine femminile, o viceversa. Questi scambi, probabilmente dovuti a un errore nell’etichettatura, o forse anche a una contaminazione cellulare nei campioni originali, potrebbero avere effetti non rilevati sulla validità dei confronti effettuati negli esperimenti genomici, almeno secondo il gruppo di ricercatori.
Il team di Lilah Toker dell’Università della British Columbia (Canada), che ha descritto la sua ricerca sul sito bioRxiv, ha indagato sul Rna messaggero e sui risultati dei controlli di qualità di routine dei dati. Imbattendosi così nelle incongruenze. “A un certo punto ci chiedevano se questo accadeva perché stavamo facendo un’analisi di dati così numerosa, o se il problema fosse davvero molto diffuso“, spiega Toker.
L’equipe ha esaminato i trascrittomi di 70 set di dati pubblici su campioni di tessuto umano, cercando di confrontare il sesso dei tessuti classificati indagando sul mRna, a caccia dei geni specifici maschili o femminili. Così i ricercatori hanno scoperto discrepanze tra il genere riportato in etichetta e i risultati delle verifiche sul mRna in 32 dei 70 set di dati. Un problema diffuso, dunque, che porta Toker e i suoi colleghi a pensare che semplici test genetici come quelli condotti da loro dovrebbero diventare uno standard nei laboratori di tutto il mondo. Con un richiamo ai colleghi: “Spero che le persone facciano più attenzione a quello che stanno analizzando“.