Niente container per Amatrice e gli altri paesi colpiti dal violento terremoto del 24 agosto. E neanche new town. In attesa di mettere in sicurezza le abitazioni distrutte dal sisma (in molti casi bisognerà letteralmente ricostruirle), ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto le popolazioni terremotate hanno scelto i “mini-chalet” sul modello Onna. Così torneranno alla quotidianità le circa 2.500 persone che sono rimaste senza un’abitazione.
I Sindaci domani indicheranno le aree in cui sarà possibile costruire questi moduli abitativi chiamati “Map”, perchè provvisori. Sono ad un unico piano, possono essere di 40 metri quadri (i più piccoli per una persona sola), di 50 metri quadri (quelle medie, per famiglie di 2-3 persone) o di 70 metri quadri (i più grandi, per famiglie di oltre 4 persone), e sono interamente realizzati in legno. Ogni abitazione costa (complessivamente, compreso il montaggio) circa 50 mila euro per le più piccole, 70 mila euro per le più grandi. A Onna fu la Germania a finanziare la realizzazione delle nuove case. Per Amatrice s’è fatta avanti la Russia ma non è da escludere che l’Italia faccia da sè. Certamente non sarà richiesta alcuna spesa alle popolazioni colpite, che potranno entro tre mesi rientrare in un’abitazione accogliente e calorosa. Infatti è di tre mesi il tempo stimato per il montaggio e la consegna di tutte le abitazioni richieste.
Queste strutture sono estremamente sicure, realizzate in legno massello e dotate di impianto idrico-sanitario, cucina, riscaldamento e impianto elettrico-telefonico. Poggiano su speciali basamenti costituiti da pietre in calcestruzzo spesse 20cm per isolare dal terreno. Possono avere una o due camere da letto, in base alle esigenze di ogni singola famiglia, un bagno e una cucina-salotto. Nelle zone terremotate ne servirebbero circa 700, per un costo stimato intorno a 35 milioni di euro.
Rispetto ai container, questa soluzione richiede un po’ di tempo in più per il montaggio e l’installazione, ma è certamente più comoda e confortevole in attesa di recuperare la definitiva normalità.
Il modello di L’Aquila
Eì stata la soluzione alloggiativa adottata praticamente in tutti i 56 comuni del cratere sismico dell’Abruzzo nel post terremoto del 6 aprile 2009. Un sistema che ha ospitato nel complesso circa 5 mila persone. Modello che, ora, potrebbe essere un esempio per i comuni e le frazioni del Centro Italia devastate dalla scossa del 24 agosto scorso. ‘Mini citta” che, nei casi di migliore riuscita, di provvisorio hanno solo il nome, studiate come sono per rimanere anche dopo la ricostruzione, facendo subentrare giovani coppie e altri inquilini in affitto agli sfollati man mano che i lavori vanno avanti. Un circolo virtuoso che produce reddito e consente anche di abbattere le tasse. E’ il caso di Fossa (L’Aquila), che oltre alla sede centrale dell’ufficio speciale per la ricostruzione (Usrc) ospita una citta’ in miniatura pensata come tale fin dall’inizio. Oltre alle case della Protezione civile ci sono quelle degli Alpini, del Friuli Venezia Giulia e della comunita’ di Verona. Come riferisce il sindaco dell’epoca, Luigi Calvisi, “il villaggio di Fossa e’ unico. Solo noi tra tutti i comuni abbiamo avuto uno tsunami oltre al terremoto, ossia e’ crollata la montagna e quindi sapevamo che il paese avrebbe avuto tempi di ricostruzione piu’ lunghi di tutti gli altri”. “Il mio dubbio era: se costruiamo solo delle case, se non ci inventiamo qualcosa, dove ci incontriamo? Percio’ abbiamo stilato un progetto completo di tutto, anche di optional, un puzzle completo – spiega Calvisi – il nostro villaggio e’ diverso dagli altri: ha una piazza centrale, un parco giochi, la chiesa degli Alpini che in realta’ e’ una basilica, la farmacia con ambulatorio, il centro polifuzionale, il bar, l’alimentari, un campetto di calcetto e bocce, e poi 150 case con 150 giardini”. Un villaggio piu’ grande del previsto, “da 30 mila metri quadrati siamo arrivati a 60 mila, piu’ arioso, con 1 milione di euro di oneri di urbanizzazione non finanziati dallo Stato e trovati grazie a donazioni”. E’ costato 12,5 milioni di cui 7,5 frutto di donazioni. “A distanza di 7 anni, dico purtroppo per la tragedia che si sta vivendo, penso possa essere un modello per Amatrice – conclude Calvisi – lo consiglio anche perche’ rende 100 mila euro all’anno al Comune e da 4 anni l’ente ha azzerato la Tasi che pesava per 30 mila euro annui”. Un altro caso virtuoso e’ quello di Villa Sant’Angelo (L’Aquila), il cui villaggio rende al Comune 40 mila euro all’anno. Il comune ebbe 17 morti e 230 sfollati. Map realizzati dalla Provincia di Trento che vengono considerati i migliori del ‘cratere’. “Non sono attaccati tra loro, ma tra l’ uno e l’altro sono stati realizzati piccoli stanzini, con pareti singole che non si toccano – rimarca l’allora sindaco Pierluigi Biondi – siamo stati il primo Comune a non avere piu’ sfollati, in due ondate a partire dal 24 ottobre 2009, e il 5 dicembre tutti avevano una casa”. Anche qui la pianificazione innanzitutto: “Il villaggio Map riconnette Villa alla frazione di Tussillo – evidenzia l’ex amministratore – ed e’ completo di farmacia, asilo, ambulatorio, bar, alimentari, estetista, tabaccheria, sala parrocchiale, chiesa, e centro aggregativo, questo l’unico in muratura”.