Terremoto, geologi Toscana: “Ancora poche scuole a norma antisismica, troppi lavori affidati al massimo ribasso”

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«Poche scuole a norma, pochi soldi per la loro messa in sicurezza». Nell’esprimere a nome proprio e di tutto il Consiglio dell’Ordine dei Geologi della Toscana «il cordoglio alle famiglie delle vittime, ancora troppo, troppo numerose» del terremoto di Lazio e Umbria, la presidente Maria Teresa Fagioli rilancia il tema della sicurezza degli edifici in Toscana.

Il sistema toscano ha poche risorse e pochi geologi. «Il servizio sismico toscano, anche se ad oggi dopo la ristrutturazione della Regione si ritrova ad operare con un ridotto numero di geologi, lavora molto e bene nel controllo e programmazione delle indagini sismiche per interventi diretti e per la microzonazione di tutto il territorio toscano». In Toscana su un totale di 287 Comuni 92 sono ad alto rischio, 164 a rischio medio e solo 24 sono a basso rischio.

È necessario fare di più: mettere in sicurezza gli edifici. Tutto quello che viene fatto è importante, ma, sottolinea Fagioli, «ciò non significa che possiamo abbassare la guardia. Dopo gli studi è necessario mettere in sicurezza gli edifici, a partire da quelli strategici via via fino a tutti gli altri, ma qui vengono i dolori».

Scuole, la nota dolente. La situazione più difficile la vivono le scuole. «Negli ultimi anni per gli edifici scolastici si è detto tanto. Quanti sono in sicurezza? Pochi. Il ritornello è che non ci sono soldi. La maggioranza dei sindaci per far fronte all’esigenza di avere aule scolastiche a norma spendendo il poco disponibile finiscono giocoforza per preoccuparsi più del risparmio che della qualità del lavoro».

Troppo spesso si guarda solo al massimo ribasso, lavorare per evitare morti. «Quanti bandi, anche in Toscana per lo studio della vulnerabilità e messa in sicurezza di edifici scolastici sono stati effettuati col solo o prevalente criterio del massimo ribasso, affidati per cifre irrisorie senza valutare se il vincitore fosse in grado o meno di ottemperare al servizio richiesto. Tanto le magagne si vedranno solo in caso di sisma e solo la sfortuna mette in luce una relazione inequivocabile fra terremoto e crollo di un edificio mal ristrutturato, come ci ha insegnato l’Aquila». «Noi geologi, e sicuramente non solo noi, al ritornello “non ci sono soldi, si fa quel che si può” siamo abituati, ma chi amministra il pubblico dovrebbe essere consapevole che si tratta di tutelare la sopravvivenza delle persone, magari togliere qualche euro all’arredo urbano per darlo alle risistemazioni antisismiche non sarebbe male. Ancora oggi a molti amministratori locali manca la cultura della prevenzione». «Sono profondamente convinta, e la mia convinzione è condivisa da tutti i tecnici seri del settore, che il miglior modo per onorare davvero, e non solo a chiacchiere, le vittime, sia impegnarsi tutti perché al prossimo sisma non ce ne siano altre».

I terremoti non si possono prevenire, ma dobbiamo costruire e ristrutturare antisismico. Allo stato attuale della scienza non c’è la possibilità «di prevedere quando il prossimo terremoto colpirà», spiega Fagioli. «Chi asserisce il contrario, o è semplicemente un presuntuoso ignorante, o peggio qualcuno che, per ottenere una facile visibilità mediatica, genera allarmismi terroristici». Per essere tranquilli occorre costruire in maniera antisismica. «Una volta di più le scosse sismiche di un Appennino vivo e giovane, ci ricordano che se vogliamo vivere in sicurezza dobbiamo costruire in modo antisismico. La storia sismica del passato e la storia geologica dell’Appennino ci rammentano che per vivere in sicurezza è necessario che le costruzioni siano, quelle nuove realizzate, quelle esistenti ristrutturate secondo criteri di antisismica. Il lavoro di messa in sicurezza dell’esistente è ovviamente immane perché l’Italia ha un enorme patrimonio edilizio storico, spesso di elevato pregio artistico, e una miriade di piccoli borghi, bellissimi, di poche case ma assolutamente non a prova di sisma. Per non parlare poi dell’edilizia spazzatura che dagli anni ‘50 agli ’80 ha moltiplicato il numero di abitanti a rischio; ma da qualche parte si deve pur iniziare, anzi direi si sarebbe pur dovuto iniziare».

Dove si fa prevenzione qualche risultato si ottiene. Nel 1998 la Toscana ha avviato il progetto VEL (Valutazione degli Effetti Locali) la cui fase sperimentale del progetto interessò i principali centri urbani della Lunigiana e Garfagnana e Media Valle del Serchio dove venne messa a punto la metodologia operativa poi adottata anche in altre zone classificate sismiche della Toscana quali il Mugello, la Valtiberina, il Casentino e l’Amiata. «Oggi la fascia ad alta sismicità le aree appenniniche toscane possono essere considerate in relativa sicurezza; le sequenze sismiche con magnitudo fino a 5 che hanno interessato negli ultimi anni la Garfagnana ad esempio, non hanno prodotto danni di rilievo e soprattutto nessuna vittima».

I geologi toscani a disposizione per aiutare nelle zone colpite dal sisma. «Nel prossimo futuro gli effetti del terremoto di questo fine agosto si mostreranno in tutta la loro crudezza, speriamo solo che possano servire da monito per l’attenzione che deve essere data alla questione; per ora si affronta l’immediato. Come Ordine ci siamo subito attivati per ottenere la disponibilità dei nostri iscritti, formati in materia dal Dipartimento di protezione Civile di Roma, ad offrire la loro opera volontaria e mettersi a disposizione della Protezione Civile».

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