Il terremoto che ha colpito il Centro Italia due notti fa “ha avuto luogo nello spazio rimasto scoperto tra i due altri grandi terremoti avvenuti negli ultimi 20 anni, quello del 1997 di Colfiorito e quello del 2009 a L’Aquila“. A spiegare cosa è successo e come si sta evolvendo la situazione nel sottosuolo delle aree colpite da quest’ultimo devastante terremoto è il sismologo Carlo Meletti, responsabile del Centro di pericolosità sismica dell’ Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), intervistato da “Il Messaggero”. “Certamente -afferma Meletti- sapevamo che questa zona ha una storia sismica lunga almeno 1.000 anni. Sappiamo inoltre che ci sono stati terremoti simili se non un po’ più forti in passato. Come quello che è avvenuto nel 1639: le scosse sono state presumibilmente della stessa entità se non addirittura più intense. L’alta pericolosità sismica della zona appenninica non è di certo un mistero“. A scatenare quest’ultimo terremoto, spiega Meletti, è stato “il movimento di una faglia che si estende su circa 20 chilometri di lunghezza e a una profondità di 5 chilometri. Si tratta di una faglia di dimensioni analoghe a quella da cui è scaturito il terremoto de L’ Aquila nel 2009. La faglia coinvolta è di tipo distensivo. In pratica, parte dell’Appennino si muove verso l’Adriatico, mentre un’ altra parte resta indietro. Come se si tirassero due lembi di un lenzuolo fino a strapparlo. In questo modo l’Appennino si sta lacerando“.
Terremoto, INGV: ecco cosa è successo, l’Appennino si sta lacerando
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