Un sesto della superficie terrestre è vulnerabile all’invasione di specie “aliene“, quelle introdotte in un’area della quale non sono native. E la maggior parte dei Paesi colpiti non è attrezzata a rispondere a questo tipo di invasioni. A rivelarlo è uno studio internazionale pubblicato su Nature Communications che formula una previsione globale sui trend di diffusione delle specie invasive nel XXI secolo. I Paesi piu’ a rischio, sottolineano gli scienziati delle Università di Exeter, Purdue e del Michigan, sono quelli in via di sviluppo con oasi delicate di biodiversita’. I ricercatori citano Peru’, Thailandia, Nicaragua, Afghanistan, Ciad, Angola, Botswana, Mozambico e Papua Nuova Guinea. I fattori che più incidono sono l’aumento dei viaggi aerei in queste aree e l’espansione dell’agricoltura.
Oltre a strategie e piani nazionali per arginare le invasioni anche i singoli individui pero’ possono fare la differenza. Controllando di non trasportare in bagagli e scarpe insetti e semi, non piantando nel giardino di casa specie non native e non rilasciando in natura animali domestici “esotici“. L’invasione dei pesci scorpione al di fuori del loro habitat naturale – l’Indo-Pacifico – è cominciata proprio cosi’, buttati fuori dagli acquari perche’ troppo voraci. L’arrivo di una specie “aliena” puo’ essere fatale per un territorio. L’introduzione di conigli, gatti e ratti in Australia ha decretato l’estinzione di numerose specie. E non si tratta solo di animali, ma anche di piante e batteri. Le foreste americane ad esempio sono flagellate da parassiti accidentalmente introdotti con alberi non nativi.