Agricoltura biologica: la risposta globale al cambiamento globale

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La crescita della temperatura deve essere bloccata “ben al di sotto dei 2 gradi” rispetto all’era preindustriale e si deve fare tutto lo sforzo possibile per non superare “1,5 gradi” questo l’obiettivo contenuto nel testo del dell’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 Paesi in occasione della COP21, il primo accordo sul clima in cui sia in Paesi industrializzati, sia quelli emergenti sia quelli in via di sviluppo sia si sono impegnati in modo ridurre legalmente vincolante a contenere le emissioni serra.

A pochi giorni dalla ratifica dell’Accordo da parte della Cina e degli Stati Uniti e a meno di due mesi dal prossimo appuntamento a Marrakech con la COP22,FederBio, la federazione interprofessionale che rappresenta l’intero settore del biologico, assieme a Kyoto Club, l’organizzazione non profit costituita da imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnati nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto, con le decisioni a livello UE e con l’Accordo di Parigi del dicembre 2015 hanno affrontato il tema della relazione tra agricoltura e cambiamenti climatici durante il convegno “Agricoltura biologica: la risposta globale al riscaldamento globale”, tenutosi oggi a SANA, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale.

A partire dalla Carta del Bio di EXPO Milano 2015, FederBio sta lavorando per promuovere l’agricoltura biologica come modello agricolo e alimentare per il futuro dell’agricoltura, anzitutto italiana,” ha spiegato Paolo Carnemolla, Presidente di FederBio. “In un momento in cui anche il mercato sta inequivocabilmente dimostrando che i cittadini vogliono un’agricoltura senza OGM e pesticidi, capace di tutelare acqua, suolo e biodiversità è necessario attuare un grande progetto di conversione al biologico che dia risposte anche al tema della lotta ai cambiamenti climatici. L’Italia, proprio per la sua vocazione al biologico e la sua leadership in questo settore, deve guidare questo cambiamento epocale verso un modello agricolo capace di contribuire concretamente agli obiettivi fissati dalla conferenza di Parigi.

Dopo la COP21 diventa sempre più urgente sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto nella nostra vita quotidiana dei cambiamenti climatici,” ha sottolineato Sergio Andreis, Direttore di Kyoto Club. “Il secondo degli Obiettivi Onu per lo Sviluppo Sostenibile al 2030 recita di ‘porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile’, proprio perché il settore agricolo ormai riveste un insostituibile ruolo nella lotta al riscaldamento globale, e in particolare, per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Al recente G20 Cina e USA hanno finalmente comunicato la ratifica dell’Accordo di Parigi: una notizia molto positiva. Auspichiamo una diffusione, oltre che di un sostegno da parte delle Istituzioni nazionali ed UE, delle buone pratiche che già contribuiscono a massimizzare l’efficacia dell’agricoltura biologica e biodinamica nell’ambito del contenimento delle emissioni climalteranti“, ha concluso Andreis.

Le relazioni tra agricoltura e cambiamenti climatici sono estremamente complesse. Da una parte l’agricoltura è una delle principali fonti di emissioni di gas-serra, tra cui anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O), alla radice dei cambiamenti climatici in atto,” ha evidenziato Lorenzo Ciccarese, ricercatore ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. “Secondo la FAO, le emissioni agricole di produzione vegetale e animale ammontano a 5,3 miliardi di tonnellate di CO2, pari all’14,6% del totale delle emissioni legate alla combustione delle fonti fossili di energia. Anche in Italia, il comparto agricolo è un emettitore netto di gas-serra e contribuisce per circa il 7% alle emissioni totali nazionali. Tuttavia l’agricoltura, grazie all’attività fotosintetica delle piante presenti sulle colture, sui prati e sui pascoli, può avere un ruolo significativo nelle strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici se fossero implementate quelle pratiche agricole, come una migliore gestione dei suoli, delle risaie (fonti di metano), degli animali e delle loro deiezioni, dell’irrigazione, il recupero dei suoli organici) che portano a una riduzione delle emissioni di gas-serra, alla produzione di bioenergia in sostituzione delle fonti fossili e di sequestro di carbonio nel suolo e nella biomassa.
Per completare il quadro delle relazioni agricoltura/cambiamenti climatici, dobbiamo evidenziare come l’agricoltura sia uno dei settori produttivi più colpiti dagli effetti negativi delle alterazioni climatiche, soprattutto attraverso l’innalzamento delle temperature medie e l’intensificarsi dei fenomeni estremi, come siccità e inondazioni. L’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change – stima che le anomalie climatiche potranno provocare una riduzione della produttività agricola, da qui al 2050, compresa tra il 9 e il 21%. In questo contesto l’agricoltura bio ha un ruolo rilevante: secondo il Rodale Institute l’agricoltura bio usa il 45% in meno di energia rispetto a quella convenzionale e fa un uso più efficiente dell’energia; i sistemi agricoli convenzionali producono il 40% in più di gas-serra; i suoli bio hanno una funzione di carbon sink, che è mediamente quantificabile in 0,5 tonnellate per ettaro l’anno. In questo senso l’agricoltura biologica offre agli agricoltori opzioni significative sia nelle politiche di mitigazione sia di adattamenti ai cambiamenti climatici“.

A conclusione Hans Herren, Presidente e CEO del Millennium Institute, Presidente di Biovision, vincitore del World Food Prize 1995: “I dati sulla relazione tra agricoltura biologica e riscaldamento globale ci forniscono una valida motivazione per incrementare il bio, l’agricoltura rigenerativa e l’agroecologia includendo in questa conversione sostenibile e più in generale nel dibattito sull’agricoltura biologica anche i decision makers. E’ necessario che l’agricoltura del futuro e le politiche alimentari siano coerenti con le evidenze scientifiche. In questo contesto la ricerca è sempre più necessaria per confermare i benefici dell’agricoltura sostenibile nel presente e nel futuro“.

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