Roma non ha bisogno di nuovi inceneritori: ne è convinto l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, secondo cui la soluzione al problema dei rifiuti della capitale ”è il recupero di materia ed energia, attraverso la raccolta differenziata e il riciclo, la produzione di compost di qualità, e la produzione di combustibile secondo le rigorose leggi italiane ed europee. Il combustibile può essere usato negli impianti di produzione di energia o nei cementifici in condizioni di sicurezza per l’Ambiente e per la salute”. Da ministro dell’Ambiente, Clini si occupò della vicenda dei rifiuti romani nel 2012 quando ”la Regione Lazio ed il Prefetto di Roma richiesero l’intervento del Governo (Monti, ndr) per superare le difficoltà nelle procedure di autorizzazione dei siti di discarica ‘temporanei’ che erano stati individuati per superare l’emergenza rifiuti nella Capitale”. L’intervento si concretizzò con il ‘Patto per Roma’ sottoscritto dal ministero dell’Ambiente con la Regione Lazio, il Comune e la provincia di Roma. Quattro gli obiettivi, spiega l’ex ministro: ”Raccolta differenziata al 50% entro il 2014 e al 65% entro la fine del 2016; piena utilizzazione di tutti gli impianti di trattamento meccanico biologico del Lazio; velocizzazione delle procedure da parte della Regione per gli impianti di trattamento della frazione umida dei rifiuti e chiusura della discarica di Malagrotta”. Purtroppo però, ”il decreto non ha avuto l’effetto sperato perché i gestori di alcuni impianti, sostenuti dai loro sponsor politici regionali, hanno disatteso le disposizioni del decreto, e nello stesso tempo gli interessi della ‘bottega politica’ locale hanno alimentato le proteste contro i nuovi impianti già in procedura di autorizzazione, con particolare riferimento a quelli per il trattamento della frazione umida”. Ed è così che si arriva al 21 marzo 2013 quando ‘‘la Commissione Europea decise di dare seguito alla procedura di infrazione aperta con il 17 giugno 2011, con il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea”. Per evitare una multa salata, spiega Clini, ”sono intervenuto con un successivo decreto”. In particolare, il decreto, ”stabilisce le prestazioni minime che devono essere garantite dagli impianti di Tmb; impone alla Società Colari obblighi precisi per il funzionamento del tritovagliatore autorizzato il 7 marzo 2013 dalla Provincia di Roma e stabilisce termini perentori per l’autorizzazione alla costruzione degli impianti indicati nel decreto del 7 gennaio 2013”. Ma i decreti sono rimasti sulla carta: ”La politica regionale e locale non ha dato priorità alla raccolta differenziata, né alla piena utilizzazione ed efficienza degli impianti esistenti, né all’autorizzazione dei nuovi impianti”. Nei fatti, denuncia l’ex ministro, ”è prevalsa una linea che non fa onore a Roma e all’Italia, perché invece di acquisire la piena autonomia nella gestione dei rifiuti si è preferito trasferire gran parte dei rifiuti di Roma verso il nord Italia e il nord Europa, con costi altissimi”. Secondo Clini, ”con le stesse risorse, invece di finanziare gli impianti di trattamento al di fuori del Lazio e dell’Italia, Roma potrebbe investire nel recupero e nella valorizzazione dei propri rifiuti”. I decreti, però, sono ancora in vigore: ”Nessuno li ha aboliti. Chi non li ha rispettati è responsabile dei danni ambientali ed economici, compresi quelli contabilizzati nelle procedure europee di infrazione”. Una situazione, quella dei rifiuti della capitale, che Clini dichiara di aver segnalato all’attuale ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, in una lettera a marzo 2014: ”Non mi risulta, però, che siano state percepiti né l’urgenza né il rischio dell’emergenza”.