Bosnia Erzegovina in bilico: serbi votano su festa nazionale

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Le già fragili istituzioni della Bosnia Erzegovina, create nel 1995 dopo gli accordi di Dayton, affrontano oggi un terremoto: malgrado un veto costituzionale e l’ira della comunità musulmana, i serbi di Bosnia si recano oggi alle urne per un referendum sulla conferma della celebrazione di una propria “festa nazionale“. Da tempo i bosniaci si chiedevano se Milorad Dodik, il turbolento leader della “Republika Srpska” (entità dei serbi di Bosnia) volesse andare fino in fondo con la sua battaglia o se si trattasse di un avvertimento a Sarajevo. Ma questa volta il progetto di referendum è stato completato nonostante le riserve di Belgrado, le critiche di Washington e di Bruxelles.

Gli elettori della Republika Srpska, 1,2 milioni di persone, sono chiamati a dire se vogliono continuare a celebrare la propria “festa nazionale” il 9 gennaio: una data controversa che commemora la nascita di una “Repubblica del popolo serbo”, tre mesi prima del conflitto intercominitario del 1992-1995. Il suo fondatore, Radovan Karadzic, teorico dell’epurazione etnica, è stato condannato a 40 anni di prigione per genocidio e crimini contro l’umanità. I bosniaci considerano la celebrazione una provocazione e un atto discriminatorio. La Corte Costituzionale ha dato loro ragione e ha vietato il referendum, ma Milorad Dodik sembra non curarsene.

E’ tutto pronto” per il voto, “un’ottima occasione per allenare i nostri team per questo genere di situazione“, ha dichiarato alludendo alla convocazione di un referendum, più volte minacciato, sull’indipendenza. Il voto di oggi potrebbe distruggere la già fragile coesistenza tra le tre entità della Bosnia Erzegovina tenute insieme da 25 anni dagli accordi di Dayton e dalle pressioni internazionali. Gli stessi fedeli alleati serbi di Dodik non sono convinti del referendum e il premier serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato di non sostenere la consultazione. Al contrario il suo ministro degli Esteri ha dichiarato che “la Serbia non permetterà la distruzione della Republika Srpska“.

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