Secondo una ricerca condotta sul Dna estratto dai resti di gatti trovati in 30 siti archeologici, questi animali erano di casa fra i primi agricoltori e perfino tra i Vichinghi. Lo studio, coordinato dalla genetista Eva-Maria Geigl, dell’Istituto Jacques Monod a Parigi, e’ riportato dalla rivista Science sul suo sito ed e’ stato presentato nel convegno internazionale di Archeologia biomolecolare organizzato in Gran Bretagna, a Oxford. Secondo i ricercatori l’agricoltura sarebbe stata cruciale per la nascita del legame tra uomo e gatto e tutto sarebbe avvenuto grazie alle scorte di grano conservate dai primi contadini. Il grano infatti avrebbe attirato i topi, che a loro volta avrebbero attirato i gatti selvatici. Dopo aver visto il vantaggio di averli vicino, l’uomo avrebbe cominciato ad addomesticarli.
I primi marinai, secondo Geigl, avrebbero portato volentieri i gatti sulle navi per tenere lontano i roditori. Il legame tra esseri umani e gatti sarebbe nato agli albori dell’agricoltura, nella Mezzaluna Fertile, circa 12.000 anni fa e da qui i gatti addomesticati si sarebbero diffusi ovunque, seguendo gli spostamenti delle comunita’ agricole. Si e’ scoperto che i discendenti dei gatti dell’antico Egitto si sono diffusi in Bulgaria, Turchia e Africa Sub Sahariana; persino un gatto vichingo sepolto in Germania, in un sito che risale al periodo compreso tra l’ottavo e l’undicesimo secolo, discendeva dai gatti dell’antico Egitto. I ricercatori hanno ricostruito la diffusione dei gatti dal Medio Oriente fino all’Europa e all’Asia, analizzando il Dna estratto dai resti di 209 gatti vissuti nel periodo compreso tra 15.000 anni fa e l’inizio dell’700. Alcuni dei campioni analizzati appartengono alle mummie dei gatti sepolti con i loro padroni nelle tombe dell’antico Egitto.