Sul lavoro i millennials, ovvero la generazione Y, non si differenziano poi tanto dalle generazioni più anziane. E’ quanto emerge dall’undicesima edizione del Barometro Edenred-Ipsos, condotta in 15 Paesi, che dimostra anche come il comportamento e le aspettative dei dipendenti più giovani siano rimasti pressoché costanti nonostante le convinzioni contrarie che si sono diffuse.
Più motivati dei loro colleghi anziani, ne condividono tutto sommato il giudizio circa gli attributi ideali di un’azienda. Per i datori di lavoro il problema non è tanto quello di gestire questa generazione in modo indipendente dalle altre, quanto piuttosto ripensare le sfide della leadership in un ambiente sempre più digitalizzato, orizzontale e orientato al multitasking che sappia prendere in considerazione le specificità proprie di ciascun Paese. Con il 26% dei millennials che afferma che la propria motivazione sul lavoro è in crescita rispetto al 15% dei dipendenti con più di 30 anni di età, la generazione Y dimostra un impegno verso il lavoro maggiore rispetto a quello dei colleghi più anziani.
Le persone appartenenti a questa generazione hanno anche più fiducia nella propria carriera futura all’interno dell’azienda attuale (26% ‘molto fiducioso’) che non i colleghi più maturi (18%). Tuttavia, contrariamente all’opinione diffusa, i dipendenti più giovani erano più motivati dei loro colleghi più anziani anche dieci anni fa (27% contro il 19% tra le due generazioni).
I dipendenti intervistati per il Barometro Edenred-Ipsos sul benessere sul lavoro rivelano aspettative decisamente simili: onestà (stessa percentuale del 62% per gli under 30 e gli over 30), correttezza (61% per i millennials e 62% per gli altri dipendenti) e capacità di rispettare gli impegni presi (59% e 58%) sono le qualità ritenute prioritarie in un manager. Da notare, rispetto agli over 30, una più forte sensazione di rispetto da parte del management (35% contro 28%).
Come per tutti i dipendenti, le priorità si concentrano nell’ambito dello sviluppo individuale e professionale. Alla richiesta relativa alla propria azienda ideale, tutti vorrebbero soprattutto vedere riconosciuti i propri sforzi ed essere lasciati liberi di svilupparsi. Tanto che il riconoscimento dell’impegno profuso è al primo posto (57% dei millennials e 62% dei dipendenti over 30), seguito dalle opportunità di sviluppo (38% e 34% rispettivamente).
L’importanza delle condizioni di lavoro è la metà rispetto al riconoscimento dell’impegno; all’ultimo posto il desiderio di un’organizzazione meno gerarchica. Per gli under 30, le principali sfide affrontate dalle aziende riguardano la gestione del talento (la fidelizzazione è indicata dal 32%, il recruiting dal 29%), l’attenzione dedicata al lato umano (rispetto per una vita equilibrata: 28%; rischi psicosociali: 27%) o la gestione del cambiamento (27%) sono aspetti citati in proporzioni simili a quelle dei colleghi più anziani.
Tuttavia, un trattamento speciale per i millennials non sembra rappresentare una priorità per questa generazione: il management intergenerazionale viene indicato all’ultimo posto con il 15%. Un altro fraintendimento verificato: l’importanza assegnata alla vita privata come elemento specifico dei più giovani. I millennials intervistati considerano l’equilibrio tra vita personale e vita professionale come una delle loro maggiori preoccupazioni (28%), in modo simile ai loro colleghi più anziani (29%), ma pongono maggiore enfasi sulle sfide relative alle nuove tecnologie e alla ‘connessione permanente’.
Se si vanno ad osservare alcuni aspetti del rapporto dei dipendenti italiani in età da millennial col mondo del lavoro, ciò che emerge non è il ritratto di una generazione tanto insolita e diversa da quelle che l’hanno preceduta. I lavoratori più giovani, infatti, non si differenziano dagli altri per passione (millennials 15%; altri 13%) e motivazione (millennials 14%; altri 11%) e come i colleghi più grandi ripongono grande attenzione alle opportunità di crescita (millennials 44%; altri 39%), a discapito dello sviluppo delle competenze e delle iniziative individuali.
Secondo loro, l’azienda ideale è quella che pensa innanzitutto alle opportunità di crescita dei suoi dipendenti e, in seconda battuta, allo sviluppo delle capacità dei singoli. Ma ciò che sorprende è che la maggior parte dei millennials e dei colleghi più grandi concordino sul fatto che le organizzazioni, in futuro, non debbano avere una struttura meno gerarchica: solo l’8% dei più giovani, infatti, si esprime a favore di un cambiamento, il 7% per i dipendenti più anziani.
Under e over 30 mostrano anche lo stesso livello di malcontento per la propria situazione professionale. Poco più di un terzo sia dei millennials che dei colleghi più anziani ritiene che l’azienda presso cui lavora sia in grado di appagare le proprie ambizioni e desideri. Gli italiani, inoltre, sono tra coloro che registrano le percentuali più basse riguardo al benessere lavorativo: il 25% degli under 30 si sente rispettato dai propri manager (35% è invece la percentuale media rilevata nei Paesi oggetto d’indagine); solo per il 21% del campione i propri superiori prestano attenzione alla formazione dei giovani in azienda (dato di dieci punti più basso rispetto alla media delle altre nazioni); meno del 20% ritiene di lavorare in un ambiente stimolante, contro il 26% degli altri 14 Paesi; soltanto il 15% è soddisfatto dell’equilibrio tra lavoro e vita personale.
E le imprese italiane saranno in grado di trattenere i talenti? Lo scetticismo dei millennials è davvero alto (soltanto 21% in Italia si mostra fiducioso a fronte di una media del 32% rilevata negli altri Paesi) e si accompagna a un generale senso di insicurezza verso il proprio futuro in azienda.
Complessivamente, i millennials si differenziano dunque poco dai loro colleghi di maggiore età; qualche divergenza significativa si può riscontrare nei vari Paesi ma solo su criteri particolari. Questo è particolarmente vero per le aspettative inerenti l’azienda: in Brasile, le condizioni di lavoro favorevoli sono un fattore determinante nella scelta dell’azienda (40% tra gli under 30 e 32% tra gli over 30), rispetto alla Cina, dove la priorità riguarda la flessibilità (31% contro 19%), e alla Francia, dove l’accento è posto sulla diversità (10% contro 7%).
Sebbene le differenze non siano sempre generazionali, talvolta sono tuttavia culturali indipendentemente dall’età del gruppo esaminato. Le disparità tra le tendenze inerenti la motivazione sul lavoro parlano da sé: tra i dipendenti francesi, per esempio, solo il 12% dei millennials ritiene che stia aumentando col tempo (uno dei dati più bassi dell’intero campione) rispetto al 19% dei tedeschi e dei britannici, al 26% degli statunitensi, al 30% dei brasiliani, al 32% dei cinesi e al 58% degli indiani.
L’esperienza iniziale dei millennials con il digitale ha probabilmente influito sul loro comportamento, ma non fino al punto da differenziarli radicalmente dai colleghi più anziani in termini di rapporto col lavoro. Le opportunità di sviluppo e l’attenzione dedicata ai dipendenti rimangono le aspettative prioritarie di under 30 e over 30.
In modo simile, la gestione del talento, l’attenzione prestata ai dipendenti e la gestione del cambiamento sono le sfide principali che, secondo i dipendenti stessi (indipendentemente dall’età), le aziende dovranno affrontare nei prossimi anni, prima ancora della diversità, dei rapporti intergenerazionali e della digitalizzazione, che senza dubbio viene già considerata integrata in termini di strumenti. Più che un confronto generazionale, la sfida risiede principalmente nella capacità delle aziende di rispondere alle aspettative dei loro dipendenti in un ambiente nel quale la tecnologia digitale ricopre una parte sempre più importante della vita quotidiana.
“Società esperta nei benefit per il personale -ha dichiarato Jeanne Renard, executive vicepresident of human resources and corporate social responsibility di Edenred- Edenred è un’attenta osservatrice del benessere sul posto di lavoro e mette a disposizione una gamma completa di strumenti e soluzioni per le aziende intenzionate ad acquisire e mantenere il talento“.
“Il Barometro Edendred-Ipsos -ha commentato- dimostra come, al di là del gap generazionale, i dipendenti si aspettino soprattutto di essere supportati nel proprio sviluppo e riconosciuti per l’impegno dedicato con un grado di intensità che varia significativamente da un Paese all’altro. All’interno di un ambiente sempre più digitale, saper adattare i metodi di management è diventata oggi una delle principali sfide a tutti i livelli di un’azienda“.
“La sfida chiave -ha assicurato Antoine Solom, managing director di Ipsos Lead- è quella di sviluppare le capacità di leadership manageriale in un mondo in cambiamento che è più virtuale, orizzontale e orientato al multitasking allo scopo di creare le condizioni che portano al pieno impegno dei dipendenti, a qualunque generazione appartengano“. (AdnKronos)