Nuova terapia ‘made in Italy’ per la colangite biliare primitiva (Cbp), una malattia autoimmunitaria del fegato chiamata fino a un anno fa cirrosi biliare primaria, che colpisce circa 400 persone su 1 milione e soprattutto le donne over 40 (una su mille). Uno studio clinico internazionale pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’, firmato fra gli altri da Pietro Invernizzi dell’università di Milano-Bicocca, ha dimostrato l’efficacia e la sicurezza dell’acido obeticolico (Ocaliva*), portando all’approvazione del trattamento da parte della Fda americana. In gran parte ‘tricolore’ la storia del farmaco: è stato sintetizzato nei laboratori di ricerca dell’università di Perugia, e per svilupparlo e portarlo sul mercato è stata costituita l’azienda italo-americana Intercept, grazie al supporto di uno sponsor nazionale. Il nuovo farmaco – spiegano dalla Bicocca – arriva 20 anni dopo l’introduzione di una terapia precedente, basata su un altro principio attivo, e si è rivelato funzionare in particolare nei pazienti che non rispondono in modo significativo ai trattamenti già disponibili. Invernizzi, professore associato di Gastroenterologia alla Bicocca e direttore del Programma per le malattie autoimmuni del fegato, all’interno dell’International Center for Digestive Health e dell’Unità operativa complessa di Gastroenterologia dell’ospedale San Gerardo di Monza guidati da Mario Strazzabosco, è tra i responsabili della sperimentazione del medicinale in Italia. La Cdp aggredisce le vie biliari, provocando infiammazione cronica e ristagno della bile nel fegato. Nel 30-40% dei casi può progredire e portare scompenso epatico e cirrosi, fino al trapianto di fegato nei malati più gravi. Il trial ha coinvolto 217 partecipanti; dopo un anno si è verificata una riduzione dei livelli di fosfatasi alcalina (Fa) maggiore fra i pazienti trattati rispetto a quelli del gruppo placebo (47% contro 10%). Il calo di Fa è la ‘spia’ dell’effettivo funzionamento del farmaco. La sua introduzione in commercio è prevista entro il 2017. “La forza di questo nuovo farmaco – sottolinea Invernizzi – sta nel fatto che, agendo a livello immunologico e metabolico, è in grado di prevenire il formarsi di fibrosi epatica, ma soprattutto migliora il flusso biliare dal fegato, prevenendone l’accumulo e il ristagno all’interno dell’organo“. “Nei prossimi anni – prosegue lo specialista – presso la Gastroenterologia del San Gerardo di Monza saremo impegnati, come équipe di epatologi dell’università di Milano-Bicocca, nella seconda fase di questa sperimentazione, durante la quale i partecipanti continueranno ad assumere la terapia. Il centro del San Gerardo è uno dei pochi centri italiani dedicato alle malattie autoimmuni del fegato, e si appresta a breve a far parte di un network europeo specifico per queste patologie rare“. “Il Center for Digestive Health di Milano-Bicocca – aggiunge Strazzabosco – è uno dei laboratori leader nel mondo nello studio dei meccanismi che stanno alla base delle malattie dell’epitelio biliare, nonché uno dei pochi centri in grado di eccellere sia nella ricerca clinica che in quella traslazionale. Questa nuova cura per i pazienti con Cbp ci fa sperare nell’arrivo in clinica di ulteriori farmaci in grado di contrastare tale malattia alla base“.