Rosetta, l’orbiter che divenne lander

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La missione Rosetta è stata un miracolo. È passata indenne attraverso una serie di “ostacoli” che nessun’altra sonda planetaria aveva mai dovuto affrontare: il risveglio da un’ibernazione di due anni e mezzo; il rilascio e il successivo atterraggio del lander; la navigazione in un ambiente totalmente ignoto che progressivamente è diventato ostile, a causa dell’avvicinamento al Sole; infine la discesa, che si è compiuta oggi, della sonda Rosetta sulla superficie“: queste le parole, affidate a Media INAF, di Fabrizio Capaccioni, responsabile dello strumento VIRTIS a bordo della sonda ESA.

La partecipazione italiana alla missione è stata rilevante: due strumenti a guida italiana VIRTIS (Visible, Infrared and Thermal Imaging Spectrometer) e GIADA (Grain Impact and Dust Accumulator), il canale grandangolare della camera OSIRIS e infine il trapano a bordo del lander Philae.

Lo strumento VIRTIS (Visible, Infrared and Thermal Imaging Spectrometer) ha ottenuto risultati straordinari, che hanno permesso di identificare per la prima volta sulla superficie di un nucleo cometario materiali organici, di scoprire un ciclo diurno di condensazione/sublimazione del ghiaccio d’acqua e un analogo ciclo stagionale per l’anidride carbonica, e infine hanno consentito di misurare la temperatura superficiale del nucleo e di ricavare informazioni quantitative sull’inerzia termica della superficie. Purtroppo ci rimane l’amaro in bocca per aver perso uno dei tre canali di misura dello strumento a metà dello scorso anno.

Lo strumento GIADA ha avuto un successo altrettanto straordinario, e ha misurato la dimensione, velocità e persino la composizione dei grani di polvere emessi dalla cometa. Questi risultati, insieme agli altri strumenti di misura dei grani di polvere cometaria, stanno fornendo fondamentali informazioni per la comprensione dei processi fisici alla base della formazione dei planetesimi primordiali.

Il canale WAC della camera OSIRIS ha prodotto le meravigliose immagini che sono sotto gli occhi di tutti e che forniscono fondamentali informazioni non soltanto sui processi geologici attivi sulla superficie della cometa (erosione, trasporto di polvere, stratificazione, stress termici, eccetera)  ma anche sui fenomeni transienti presenti nella coma (Jets, Outbursts).

Le emozioni in questi momenti sono contrastanti, c’è senz’altro della malinconia per la missione che finisce dopo 31 anni dal momento della selezione della missione e dopo 22 anni dalla selezione degli strumenti scientifici. È stato un incredibile viaggio che ha accomunato scienziati, industrie e i team di operazioni di ESOC ed ESAC. In questi anni si sono creati forti legami all’interno dei team degli strumenti ed anche tra i vari team, creando un forte senso di condivisione in questi ultimi anni e in particolare dall’inizio del 2014. Molte persone purtroppo non sono più qui con noi e questo aggiunge un’ulteriore vena di profonda tristezza.

Ma io penso che oggi debba dominare l’esultanza per una missione che ha dato enormi soddisfazioni, che ha contribuito a creare un “brand” ESA, che ha prodotto e produrrà negli anni a venire dei risultati scientifici di eccezionale valore: risultati che permetteranno di mantenere la comunità scientifica europea che si occupa dei piccoli corpi del Sistema solare ai livelli di eccellenza conseguiti con Rosetta almeno per i prossimi dieci anni.

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