Nel mondo ci sono più persone che convivono con la demenza che spagnoli. Glenn Rees, presidente dell’Alzheimer’s Disease International usa questo parallelismo per rendere l’entità del problema e i numeri dei pazienti che hanno bisogno di risposte: 47 milioni a livello globale. E troppi ancora oggi sono senza diagnosi – circa la metà nei Paesi ad alto reddito, 9 su 10 nei Paesi a medio e basso reddito – e senza assistenza adeguata. “Oggi le persone con demenza nel mondo sono più della popolazione della Spagna“, esordisce dunque Rees introducendo il Rapporto mondiale Alzheimer 2016, che come ogni anno viene diffuso in occasione della Giornata mondiale dedicata alla patologia. E le proiezioni lasciano intravedere per i prossimi anni un impatto della malattia ancora più dirompente. Entro il 2050 il dato mondiale delle persone con demenza è destinato a triplicarsi, rilevano gli esperti che hanno curato il report, ricercatori del King’s College London e della London School of Economics and Political Science (Lse). Si arriverà “a più di 131 milioni, con l’invecchiamento della popolazione. La demenza – scrive Rees nel suo messaggio introduttivo – ha anche un enorme impatto economico. Il costo totale stimato in tutto il mondo per la demenza è di 818 miliardi di dollari, e la malattia diventerà entro il 2018 una ‘trillion dollar disease’. La grande maggioranza delle persone affette da demenza non ha ricevuto una diagnosi, e quindi non è in grado di accedere a cure e trattamenti” E anche quando la patologia viene diagnosticata, denuncia Rees, “le cure fornite sono troppo spesso frammentate, scoordinate, e non rispondono alle esigenze dei pazienti, né a quelle di caregiver e familiari. Questo è inaccettabile”. Il rapporto 2016 mette l’accento proprio sulla sfida di “migliorare l’assistenza sanitaria ai soggetti con demenza“, che è anche il titolo del documento. L’appello è per “un’azione comune” finalizzata appunto a estendere l’assistenza sanitaria a tutte le persone che sempre più numerose convivono con il problema, a ogni latitudine. Per gli esperti è possibile farlo – scongiurando una crisi – solo se si migliorano le capacità e l’efficienza con cui l’assistenza viene erogata. Il problema viene definito una barriera fondamentale al progresso. Gli autori del report spiegano che il maggiore coinvolgimento di personale non specializzato nell’assistenza di base può liberare le capacità di soddisfare la crescente domanda di presa in carico e ridurne il costo individuale fino al 40%. I servizi di base per assumere questo ruolo devono essere rafforzati e sostenuti dagli specialisti. La disponibilità di nuovi trattamenti, aggiungono gli esperti, è cruciale per garantire equità e giustizia sociale ai due terzi delle persone con demenza che vivono nei paesi con scarse risorse. Una maggiore copertura dei servizi di assistenza sanitaria completa, assicurano gli autori, è economicamente possibile, avendo un costo pari allo 0,5% della spesa sanitaria totale nel 2030. Occorre tuttavia, precisano, “una volontà politica” per mettere in atto i cambiamenti necessari. “L’obiettivo di migliorare il tasso di diagnosi e di rendere più efficiente il sistema sanitario globale – dice Rees – è stato fondamentale nel rapporto che raccomanda espressamente di monitorare gli esiti dell’assistenza alle persone con demenza, affinché i pazienti stessi e chi se ne prende cura possano ricevere informazioni migliori sulla qualità dell’assistenza disponibile”. Il messaggio è che serve un cambiamento “radicale”. Viene evidenziata “la necessità di riprogettare e riorientare i servizi di assistenza alle persone con demenza per affrontare le sfide del XXI secolo – riassume l’autore principale del report Martin Prince, del King’s College London – Abbiamo solo 10-15 anni per far bene le cose, pianificare e realizzare una piattaforma realistica e robusta per erogare servizi di assistenza sanitaria a tutte le persone con demenza, in attesa che si rendano disponibili trattamenti nuovi e più efficaci“. (AdnKronos)