Al via le indagini geologiche per identificare tutte le frane, le fratture e i crolli di massi causati dal terremoto del 24 agosto nel reatino e dovuti alla rottura della faglia, al passaggio delle onde sismiche o allo scuotimento prodotto dal sisma. Le squadre dei geologi del progetto Emergeo, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia (Ingv), sono al lavoro in un’area larga circa 40 chilometri tra Castelluccio di Norcia, a Nord, e la Localita’ Ortolano posta a sud del lago artificiale di Campotosto. ”Queste indagini hanno l’obiettivo di localizzare la faglia che si e’ rotta, studiarla, e vedere se ci sono stati terremoti passati che non conosciamo”, ha detto Daniela Pantosti che dirige la Struttura Terremoti, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Finora sono state catalogate deformazioni del suolo raccolte in circa 2.400 punti di osservazione, tra queste vi sono: fratture lungo i versanti montuosi e i campi coltivati, frane, e crolli di massi di piccole-medie dimensioni. I grandi terremoti, con magnitudo generalmente maggiore di 6, ha spiegato l’Ingv in una nota, producono effetti non solo sugli edifici, ma anche deformazioni permanenti sulla superficie terrestre in un’area ampia anche alcune centinaia di chilometri quadrati. Tali deformazioni possono essere la diretta conseguenza dello spostamento delle porzioni di crosta terrestre lungo il piano di faglia, oppure possono essere causati dal passaggio dell’onda sismica, o infine possono essere una risposta allo scuotimento prodotto dal terremoto.