Secondo articolo del Gruppo di Lavoro INGV/IREA-CNR, (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente, CNR-IREA di Napoli) sull’analisi di dati satellitari volta allo studio delle sorgenti sismiche, pubblicato sul blogingvterremoti.
Partendo dalle mappe di spostamento della superficie terrestre è possibile effettuare una modellazione della sorgente sismica del terremoto.
Ma cosa vuol dire “modellazione di una sorgente sismica”? La modellazione consiste nel riprodurre il campo di spostamento misurato dal satellite con un campo di spostamento teorico, facendo variare, di volta in volta, i parametri che caratterizzano la sorgente sismica (faglia sismogenetica), sino ad ottenere una sorgente sismica teorica il cui campo di spostamento in superficie risulta essere molto simile a quello osservato dal satellite. Tale approccio alla modellazione è chiamato “inversione del dato”, proprio perché partendo dal dato osservato si cerca di identificare e caratterizzare la sorgente della deformazione.
L’obiettivo è quello di individuare, tra le faglie note o ancora non note, quella che probabilmente ha generato il terremoto e capire la distribuzione del movimento (slip) lungo il piano della faglia stessa. Naturalmente, individuata la faglia che ha generato il terremoto, geologi e sismologi confrontano i dati di tale modellazione con i dati ottenuti dai rilievi di campagna e le faglie già note in letteratura al fine di caratterizzare i movimenti attuali e possibilmente anche la storia sismica della faglia stessa. Oltre alla geometria del piano di faglia è importante simulare (e quindi ipotizzare il più realisticamente possibile) il movimento della faglia stessa andando a determinare quali porzioni di faglia si sono attivate durante il terremoto e di quanto si sono mosse.
La geologia ci insegna che le faglie non sono dei piani regolari che tagliano la crosta terrestre, ma piuttosto delle superfici articolate che mostrano anche grandi variazione della loro orientazione nello spazio e nel loro angolo di inclinazione rispetto alla verticale. Tuttavia, per poter risolvere in tempi brevi (quelle di un’emergenza sismica) un problema numerico, ovvero quello di riprodurre, con simulazioni al computer, il campo di spostamento prodotto dal movimento di una faglia, c’è bisogno introdurre delle semplificazioni. In particolare, nei modelli presentati in seguito, le faglie vengono semplificate come dei piani e la crosta terrestre come un mezzo perfettamente elastico, tralasciando complicazioni geometriche e comportamenti anelastici della crosta.
Risultati della modellazione della sorgente sismica:
I dati utilizzati nel procedimento di inversione sono: un totale di circa 20 mila valori di spostamento del suolo in linea di vista ricavati dallo srotolamento di 5 interferogrammi (due ALOS, due Sentinel e uno COSMO-SkyMed) e 107 valori di spostamento provenienti da stazioni CGPS (Gruppo di Lavoro INGV-CNT Centro Analisi Dati GPS, 2016).
Il processo di inversione segue due step principali. Il primo è quello di invertire i dati SAR e GPS per ottenere i parametri geometrici della faglia stessa (lunghezza, larghezza, profondità, angolo di inclinazione e orientazione nello spazio), ipotizzando uno scorrimento costante e uniforme su tutto il piano di faglia. Il secondo step consiste nel simulare la distribuzione del movimento (slip) nelle singole porzioni di faglia, tenendo fissi i parametri geometrici ottenuti con il primo step.
Ipotizzando l’attivazione di un singolo piano di faglia, con il primo e il secondo step è stato ottenuto il modello di faglia mostrato in Figura 1 (in alto).
Per simulare le possibili variazioni nello spazio (inclinazione e orientazione rispetto al nord) del piano di faglia o la non completa continuità di questo in tutta la sua estensione, è stata effettuata una modellazione con due piani di faglia contigui, caratterizzati da geometrie leggermente differenti l’uno dall’altro. Il risultato è mostrato in Figura 2.
Per avere una visione più chiara del piano di faglia ottenuto dall’inversione dei dati di deformazione, nelle figure 3 e 4, viene mostrata una rappresentazione 3D dei due modelli a singola e doppia faglia.
I parametri dei due modelli sono riportati nella tabella sottostante:
Modello | Lunghezza | Larghezza | Profondità del tetto della faglia | Strike | Dip | Rake | Slip max |
Singola faglia | ~21 km | ~9 km | ~1500 m | 164° | 46° | -73° | 120 cm |
Doppia faglia -Nord | ~8 km | ~8 km | ~3000 m | 175° | 39° | -65° | 140 cm |
Doppia faglia -Sud | ~12 km | ~5 km | ~2500 m | 165° | 51° | -70° | 130 cm |
Come spiegato precedentemente, l’utilizzo di un modello con una o due faglie serve a riprodurre (in maniera semplificata) eventuali variazioni nello spazio dei parametri geometrici della faglia e non necessariamente sta a significare l’attivazione di due piani di faglia distinti. I due modelli sono sostanzialmente equivalenti, se confrontati con il dato di spostamento misurato in superficie.
E’ possibile tentare di attribuire la rottura a piani di faglia visibili in superficie, prolungando i piani dei modelli fino ad intersecare la topografia. La traccia superficiale del modello a singola faglia corre parallela e quasi coincidente (entro ±800 m) con la traccia del sistema di faglie Gorzano-Laga-Vettore (Figura 3). Nel modello a due faglie si nota un andamento identico per la faglia sud, mentre la traccia della faglia nord ruota verso NE e dovrebbe emergere circa 3 km ad est del Monte Vettore.
Entrambi i modelli sono compatibili con gli andamenti delle repliche, nei limiti delle incertezze, con un leggero miglior accordo nella parte nord del modello a due faglie rispetto a quello con faglia singola.
La tabella sopra riporta la dimensione della rottura ricavabile dai valori di slip per i due modelli. In entrambi i modelli, andando verso sud dall’ipocentro, la rottura si ferma poco prima di Amatrice, mentre verso nord i valori di slip del modello a doppia faglia vanno a zero circa a metà della Piana di Castelluccio (o poco più a nord per la faglia singola). Le due maggiori concentrazioni di slip sono localizzate a profondità intorno a 6 km nella parte nord e 4 km a sud. A seconda dei modelli, i valori dislip sono circa uguali a zero a profondità minori di 1.5-3 km (a nord) o 700 m (a sud). Nelle parti più superficiali delle faglie vengono modellati in maniera discontinua valori di slip intorno a pochi cm.
Calcolo del trasferimento di stress alla faglie limitrofe
Partendo dal movimento calcolato sui piani di faglia attivatisi durante il terremoto del 24 agosto 2016, è possibile calcolare la variazione di stress statico, noto come Coulomb Failure Function (CFF) sulle faglie note ubicate nell’intorno di quella del 24 agosto.
E’ importante sottolineare che il calcolo delle CFF può dare informazioni utili e interessanti per comprendere quali faglie, nell’intorno dell’ipocentro, possono aver subito delle variazioni di stress e quindi capire meglio l’evoluzione della sequenza. È evidente però che tale calcolo non ha nulla a che vedere con la previsione dei terremoti o con l’individuazione di aree più pericolose rispetto ad altre. Infatti il calcolo delle CFF viene effettuato sulla base di numerose assunzioni circa le caratteristiche reologiche della crosta, i meccanismi di fagliazione e le geometrie dei piani stessi. Assunzioni che possono essere anche molto diverse dalla situazione reale che non possiamo conoscere, ma solo immaginare. Inoltre, lo stesso risultato finale del calcolo delle CFF fornisce la sola variazione dei valori di stress; al contrario non è possibile conoscere il valore di partenza dello stress cui il singolo piano di faglia è sottoposto. Risulta perciò evidente che tale calcolo non può fornirci una previsione sull’evoluzione della sequenza sismica, ma il suo valore è puramente scientifico, come ulteriore elemento utile agli scienziati per studiare i terremoti.
Nella simulazione è stato utilizzato il modello a due faglie. La Figura 5 mostra il risultato di tale calcolo sui piani delle sei faglie più vicine (EMERGEO Working Group 2016; Terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016: Effetti Cosismici, doi: 10.5281/zenodo.61566). Valori positivi considerevoli di variazione di CFF, fino a 0.5-0.6 MPa si riscontrano al limite NW della faglia del Monte Gorzano, interessata dopo l’evento principale da una intensa attività di bassa magnitudo su una struttura esterna ai modelli presentati. A nord i valori sulla faglia del Vettore-Bove sembrano molto più bassi, tuttavia si evidenzia come sia possibile che il piano utilizzato per il calcolo non sia del tutto rappresentativo, in quanto non è in continuità con la faglia del Monte Vettore. Se il piano proseguisse a SE si avrebbero concentrazioni di CFF probabilmente analoghe a quelle calcolate per la faglia del Gorzano.
a cura del Gruppo di Lavoro INGV/IREA-CNR: Giuseppe Pezzo, Christian Bignami, Cristiano Tolomei, Simone Atzori, Andrea Antonioli, Salvatore Stramondo, Stefano Salvi (INGV-CNT); Manuela Bonano, Raffaele Castaldo, Francesco Casu, Claudio De Luca, Vincenzo De Novellis, Riccardo Lanari, Mariarosaria Manzo, Michele Manunta, Antonio Pepe, Susi Pepe, Pietro Tizzani, Ivana Zinno (IREA-CNR)
Articolo estratto da: Gruppo di lavoro IREA-CNR & INGV, 2016, Sequenza sismica di Amatrice: aggiornamento delle analisi interferometriche satellitari e modelli di sorgente, DOI: 10.5281/zenodo.61682