Il terremoto che ha devastato l’Italia centrale ha impattato ben quattro Regioni, sei province e 17 Comuni e, di questi, tutti ricadono in aree classificate ad alto rischio sismico ma il 70,8% dei quasi 22 mila edifici residenziali è stato costruito prima del 1971, cioè prima delle norme antisismiche. La popolazione di queste aree è prevalentemente anziana, visto che circa un quarto ha almeno 65 anni e appena poco più del 10% è under 14 anni. Ironia della sorte, oltre l’80% del patrimonio edilizio è stato valutato nel 2011 in ottimo o buono stato di conservazione. E ancora. Diverse le attività economiche e imprenditoriali attive nelle aree terremotate, tra cui 1.894 aziende agricole e 282 strutture turistiche ricettive. Il sisma ha colpito anche la cultura con ben 293 beni distrutti o gravemente danneggiati. E’ una vera e propria radiografia della società, dell’ economia e del territorio su cui si è abbattuto il sisma del 24 agosto scorso quella rilevata dall’Istat che oggi ha diffuso un corposo report “al fine di fornire un’utile documentazione statistica“. Con questi dati, l’Istat “rende disponibili” le informazioni sul territorio colpito dal sisma che “include i 17 comuni interessati attualmente dal decreto di differimento per l’adempimento degli obblighi fiscali a causa della gravità dei danni subiti“. Nella sua ‘radiografia’, l’Istituto di Statistica rileva sia gli aspetti sociali – tipologia di popolazione colpita- che lo stato degli edifici, fino a delineare un quadro delle attività economiche -agricole, turistiche e aziendali- attive nei luoghi ora devastati. In dettaglio, l’Istat riferisce che tutti i 17 Comuni colpiti appartengono a classi sismiche elevate di tipo 1, cioè la più pericolosa per il rischio di terremoti particolarmente forti, e di tipo 2, esposta comunque al rischio di terremoti forti ma meno intensi della zona 1. Comuni che si estendono su una superficie di 1.728 chilometri quadrati, dove risiedono poco meno di 25.000 abitanti, di cui il 28,3% ha almeno 65 anni di età, 6,3 punti percentuali in più di quanto registrato mediamente sull’intero territorio nazionale. La percentuale di popolazione di età pari o inferiore ai 14 anni è di circa 10,2 contro il 13,7% dell’Italia ed il territorio interessato, descrive l’Istat, è prevalentemente montuoso, per l’87,2% nei comuni del Lazio e per il 77,8% in quelli dell’Abruzzo, con oltre il 70% della superficie oltre i 900 metri sul livello del mare. I dislivelli altimetrici sono notevoli: quasi il 13% del territorio si colloca oltre i 1.500 metri sopra il livello del mare e circa il 30% al di sotto dei 900 metri. Soltanto il 4,1% del territorio è pianeggiante (nelle Marche il 10,2%). L’estensione della superficie artificiale totale, cioè edifici residenziali, non residenziali e infrastrutture, è dell’1,3%. Circa il 50% del territorio dei comuni terremotati è incluso in aree naturali protette. Nei comuni considerati il volume di acqua per uso potabile prelevato nel 2012 dalle fonti di approvvigionamento è stato di oltre 39 milioni di metri cubi (lo 0,4% del prelievo nazionale), la produzione giornaliera ad uso potabile di 108 mila metri cubi nel 2012. Sul fronte dell’edilizia, l’Istat rileva che il 70,8% dei quasi 22 mila edifici residenziali dei comuni colpiti dal sisma è stato costruito prima del 1971, anno in cui è entrata in vigore la normativa antisismica relativa alle norme tecniche di costruzione e che oltre l’80% del patrimonio edilizio, nel 2011, è stato valutato in ottimo o buono stato di conservazione prima del sisma. Gli edifici in pessimo stato di conservazione risultano, nel 2011, meno dell’1,5% del totale. Il valore aggiunto per abitante nel complesso dei 17 comuni considerati, prosegue l’Istituto di Statistica, è, nel 2013, pari a 8.400 euro, poco sopra la metà di quello medio nazionale (15.800 euro) e più vicino al valore medio del Mezzogiorno (8.800 euro). L’Istat riferisce ancora che le aziende agricole censite nel 2010 nei comuni con danni strutturali gravi sono 1.894. Inoltre, nelle aree terremotate nel 2015, continua l’Istat, sono operative 282 strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere, per un totale di 8.387 posti letto (lo 0,2% dell’intera ricettività presente sul territorio nazionale). Il bilancio dei danni al patrimonio culturale stilato dal Comando dei Carabinieri e dal Ministero per i Beni e le attività culturali ed il turismo ammonta a 293 beni di interesse culturale distrutti o gravemente danneggiati. In particolare, l’evento sismico ha colpito una porzione appenninica del centro Italia coinvolgendo direttamente quattro Regioni (Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio), sei province (Perugia, Ascoli Piceno, Fermo, Rieti, L’Aquila e Teramo) e 17 comuni. Questi ultimi si collocano in un’area dell’Appennino centrale compresa tra il Monte Vettore a Nord, i Monti della Laga ad Est, il Monte Terminillo a Sud-ovest e il complesso del Gran Sasso a Sud-est. Sul fronte del rischio sismico, nella zona di tipo 1 (la più pericolosa per il rischio di terremoti particolarmente forti) si trovano nove comuni (Cascia, Monteleone di Spoleto, Norcia, Preci i Umbria; Accumoli, Amatrice e Cittareale nel Lazio; Capitignano e Montereale in Abruzzo). Queste aree coprono poco più di 1.057 km2 (61,2% dei territori considerati) in cui risiedono circa 16.500 abitanti (66,3% del totale). Nella zona di tipo 2 (esposta comunque al rischio di terremoti forti ma meno intensi della zona 1) si trovano i rimanenti otto comuni (Arquata del Tronto, Valle Castellana, Acquasanta Terme, Montegallo, Montemonaco, Montefortino nelle Marche, Campotosto e Rocca Santa Maria in Abruzzo) per un’estensione di 671 km2 (38,8%) e poco meno di 8.400 abitanti (33,7%).