Almeno 12 siti naturali Unesco in Europa altamente minacciati da attività economiche nocive e che per questo rischiano di perdere il proprio status di Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Tra questi, ci sono anche tre italiani: le isole Eolie, il Delta del Po e la Laguna di Venezia. Tutti protetti anche dalle direttive Uccelli e Habitat dell’Unione Europea e tutti fanno parte della rete europea Natura 2000 delle aree protette, ma nonostante questo oggetto di continue minacce (dall’agricoltura non sostenibile all’energia passando per le infrastrutture di trasporto) e dalla mancanza di una corretta attuazione della legislazione esistente. L’allarme arriva dal Wwf che ha fatto dello storico Parco Nazionale di Doñana il caso simbolo di questo pericolo, dedicandogli il nuovo studio ”Salvare Donana: dal pericolo alla prosperità”, prodotto dal Dalberg Global Development Advisors. Tra i più importanti in Europa, situato alle foci del Guadalquivir nel sud della Spagna, il parco rischia di perdere il suo status di sito Unesco e di finire, invece, nella lista dei Patrimoni Mondiale dell’Umanità in Pericolo, soccombendo a una cattiva gestione e al sovrasfruttamento delle risorse idriche che stanno prosciugando questa importante zona umida. Secondo lo studio, attività economiche nocive, inclusa l’agricoltura intensiva e le modificazioni dell’alveo del fiume, hanno ridotto dell’80% l’acqua che raggiunge l’area umida: circa 1.000 pozzi e 3.000 ettari di allevamenti illegali sarebbero i colpevoli di un uso insostenibile della risorsa idrica. E questo, nonostante Doñana sia protetto da numerosi accordi internazionali, compresa le Direttive Ue e la Convenzione sui Patrimoni Mondiali. Una situazione critica per il sito che potrebbe essere catalogato “tra quelli più a rischio nel patrimonio mondiale“, dichiara il direttore del Wwf Spagna, Juan Carlos del Olmo. Secondo Geneviève Pons, direttore del Wwf Ufficio politico europeo, “il rischio è che Doñana possa essere perso per sempre, così come molte altre aree protette e specie in Europa. Le attività che stanno danneggiando l’area violano le leggi europee, norme che tutti i governi dell’Ue hanno l’obbligo di applicare e che devono essere rafforzate dalla Commissione europea“. Dall’inizio del XX secolo, il Coto Doñana ha perso oltre l’80% delle sue paludi naturali, con una riduzione della biodiversità e il prosciugamento delle lagune. Danni non solo ambientali, ma anche occupazionali: Doñana infatti genera posti di lavoro per 200.000 abitanti della regione nell’industria della pesca, dell’agricoltura, nella ricerca e l’ecoturismo. Il 70% delle fragole prodotte in Spagna (il quinto tra i maggiori produttori al mondo) provengono da Doñana, un’industria che genera 400 milioni di euro l’anno. La Commissione europea ha avviato alcune procedure di infrazione contro il governo spagnolo proprio per la cattiva gestione delle acque sotterranee di Doñana e il possibile ulteriore dragaggio del fiume Guadalquivir che peggiorerebbe i danni al parco e all’estuario e innescare, già nel giugno 2017, l’iscrizione del sito nella lista Unesco del Patrimonio Mondiale in Pericolo. Conosciuta come uno delle più grandi aree protette d’Europa, Doñana ospita oltre 4.000 specie, tra cui molti uccelli minacciati, e una delle specie feline più rare del mondo, la lince iberica. Il Parco è protetto praticamente da quasi tutte le denominazioni di conservazione, tra cui il parco nazionale, sito Ramsar, sito Natura 2000, riserva della Biosfera dall’Unesco, e Patrimonio dell’Umanità. Il Wwf è stato coinvolto nella creazione del parco da oltre 50 anni con l’acquisto di oltre 6.700 ettari di Coto Doñana nel 1963 per salvare il sito dalla distruzione e per contribuire a trasformare la regione in prima riserva biologica di Spagna. (AdnKronos)