Racconti di onde anomale scaturite dal nulla e alte decine di metri alimentano da sempre miti e leggende del mare, tanto da far pensare più al frutto della fantasia che a eventi realmente avvenuti. Ma ciò che accadde nel 1995 alla piattaforma petrolifera Draupner, al largo nel Mare del Nord – si legge sull’Almanacco della Scienza del Cnr -, ha segnato una volta per tutte il confine tra immaginazione e realtà. Il primo gennaio di quell’anno, nel corso di una tempesta con onde mediamente di 12 metri, la piattaforma fu colpita da un’onda anomala di oltre 26 metri, come rilevato dai dispositivi laser posti sulla piattaforma stessa. Non vi furono vittime, ma la piattaforma risultò danneggiata.
Oggi, a distanza di oltre 20 anni dall’evento, un team di ricercatori dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr e dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (Ecmwf) ha analizzato di nuovo il caso, in particolare le condizioni meteo-oceanografiche che generarono l’onda. I risultati dello studio sono pubblicati sul ‘Journal of Geophysical Research’.
“L’incidente della Draupner rappresenta uno spartiacque: per la prima volta ha dimostrato che le ‘freak waves’, o onde anomale, esistono: sono molto più alte rispetto a quelle medie della mareggiata e sono caratterizzate dal fatto di essere localizzate nello spazio e nel tempo. Il passo successivo è arrivare a determinare le condizioni che possono preludere alla loro comparsa”, afferma Luigi Cavaleri dell’Ismar-Cnr, coautore della pubblicazione.
I ricercatori hanno messo a punto un modello che, unendo fisica e meteorologia, spiega l’evento del 1 gennaio ’95 integrando i dati metereologici di quel giorno con informazioni relative al calcolo delle onde e analisi di tipo statistico. In particolare, è emerso che l’onda anomala della Draupner è stata generata dal convergere di due sistemi d’onda con diversa origine meteorologica e direzione, rispettivamente da nord e nord-ovest. Quello che finora era mancato nelle precedenti ricostruzioni era l’identificazione delle onde da nord, associate a una piccola ma intensa depressione sviluppatasi nella zona polare (minimo polare), poi propagatasi verso sud con eccezionale rapidità. Tutto questo è stato possibile grazie ai recenti miglioramenti, fisici e numerici, del modello meteorologico dell’Ecmwf.
Ma i risultati ottenuti potranno servire anche a livello generale, per predire dove, quando e con quale probabilità siano possibili onde estreme durante le mareggiate e per migliorare così la sicurezza marittima. “L’insieme delle condizioni che ha causato l’incidente della Draupner non va inteso come un caso isolato”, aggiunge Alvise Benetazzo dell’Ismar-Cnr. “I dati riportano 22 navi affondate a causa dell’impatto con un’onda anomala tra il 1969 e il 1994, con centinaia di morti; questi fenomeni fanno parte di una realtà di cui tenere conto nel quotidiano lavoro di analisi delle previsioni dello stato del mare”.
L’aumento della conoscenza delle onde estreme diventa cruciale anche in rapporto al cambiamento climatico in atto. “Anche il clima ondoso sta cambiando: poter stimare in anticipo se e quando questi eventi estremi si verificheranno per effetto dei cambiamenti associati al riscaldamento globale permetterà di progettare navi più resistenti e di tracciare rotte più sicure”, conclude Benetazzo.