Astronomia, Gemini a caccia di ammassi globulari

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Elisa Nichella su Media INAF ha pubblicato la notizia riguardante uno studio dell’ammasso globulare NGC 6624 guidato da ricercatori italiani e con importante partecipazione INAF. Lo riportiamo integralmente:

Gli ammassi globulari sono tra le strutture più antiche nel nostro Universo, e conoscere con precisione la loro età è una delle sfide che gli astronomi affrontano da decenni, raccogliendo dati che nel tempo hanno fornito dettagli sempre maggiori. Un team internazionale di ricercatori, utilizzando il telescopio Gemini Sud in Cile, è riuscito a ottenere dati con precisione senza precedenti sull’ammasso globulare NGC 6624, raggiungendo un dettaglio difficile da eguagliare anche andando nello spazio.

Oltre a produrre immagini spettacolari, questo lavoro ha il merito di permettere agli scienziati di ricostruire le prime fasi di vita della nostra Galassia, fornendo informazioni sull’epoca in cui l’Universo aveva circa due miliardi di anni di età. Per arrivare a questo risultato i ricercatori hanno sfruttato il sistema di ottiche adattive del telescopio Gemini (Gemini Multi-conjugate adaptive optics System, GeMS) e la sua camera ad alta risoluzione (Gemini South Adaptive Optics Imager, GSAOI).

Immagine di NGC 6624 raccolta da GeMS, che ha permesso ai ricercatori di rivelare le singole stelle al centro dell’ammasso. Crediti: Gemini Observatory/AURA
Immagine di NGC 6624 raccolta da GeMS, che ha permesso ai ricercatori di rivelare le singole stelle al centro dell’ammasso. Crediti: Gemini Observatory/AURA

Quelle che hanno ottenuto sono immagini in cui è possibile mettere a fuoco le singole stelle, nonostante l’alta densità di sorgenti. La nitidezza delle immagini nel vicino infrarosso è competitiva con quella che è possibile ottenere dallo spazio nella banda visibile con il telescopio Hubble. «Con immagini così dettagliate siamo in grado di fare cose che non avremmo mai pensato possibile da Terra», spiega Douglas Geisler, ricercatore presso l’Università di Concepción in Cile e co-autore dello studio.

Il team ha ottenuto le immagini utilizzando due filtri sensibili a frequenze del vicino infrarosso, e hanno poi tracciato un diagramma che mette in relazione colore e magnitudine delle stelle dell’ammasso. Questo grafico è di fondamentale importanza per chi studia questo tipo di sistemi, perché mette in luce numerosi dettagli della storia evolutiva dell’ammasso. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista The Astrophysical Journal.

Diagramma colore-magnitudine di NGC 6624 ottenuto a partire dalle osservazioni Gemini. Tutte le sequenze evolutive principali del cluster sono ben visibili. Questi diagrammi nel vicino infrarosso sono confrontabili a quelli ottenuti nell’ottico dal telescopio spaziale Hubble, sia in profondità che in accuratezza fotometrica. Crediti: Saracino et al. 2016
Diagramma colore-magnitudine di NGC 6624 ottenuto a partire dalle osservazioni Gemini. Tutte le sequenze evolutive principali del cluster sono ben visibili. Questi diagrammi nel vicino infrarosso sono confrontabili a quelli ottenuti nell’ottico dal telescopio spaziale Hubble, sia in profondità che in accuratezza fotometrica. Crediti: Saracino et al. 2016

Le osservazioni mostrano in maniera molto chiara il cosiddetto “ginocchio” della sequenza principale, il punto in cui la traccia evolutiva delle stelle curva bruscamente, poiché le stelle passano dalla fase stabile del bruciamento dell’idrogeno nel nucleo a quella più breve e intensa delle giganti rosse, dove il consumo di idrogeno si sposta in un guscio lontano dal centro. Individuando il punto preciso in cui le stelle dell’ammasso compiono questa trasformazione è possibile assegnare un’età all’ammasso stesso. Questo “ginocchio” è tipicamente difficile da identificare, ma stavolta è apparsa molto chiaramente ai ricercatori.

L’analisi di queste immagini estremamente nitide ha permesso di generare un diagramma colore magnitudine molto profondo, grazie al quale i ricercatori sono riusciti a determinare l’età dell’ammasso con altissima precisione. Questa informazione, a sua volta, ci aiuta a comprendere meglio come si sia formata e come stia evolvendo il bulge centrale della Via Lattea, ritenuta la regione più antica della nostra galassia.

«Per studiare le singole stelle in ambienti densi come gli ammassi globulari è fondamentale disporre di strumenti ad alta risoluzione spaziale», dice ai microfoni di Media INAF Sara Saracino, ricercatrice dell’Università di Bologna e prima autrice dell’articolo. «Per moltissimi anni l’unico telescopio capace di una simile impresa è stato il telescopio spaziale Hubble. Ora, risultati simili possono essere raggiunti anche da terra, grazie al telescopio cileno Gemini Sud. Infatti, i sistemi di ottica adattiva di cui è dotato permettono di rimuovere gli effetti di distorsione causati dall’atmosfera terrestre. Le immagini ottenute per NGC 6624 sono così nitide e profonde da permetterci di “catturare” anche le stelle più deboli»

I dati di Gemini rivelano che l’età di NGC 6624 si trova nell’intervallo tra 11.5 e 12.5 miliardi di anni, ovvero che ha quasi la stessa età dell’Universo. L’alta qualità delle informazioni raccolte ha permesso di effettuare uno studio dettagliato della distribuzione di stelle di sequenza principale e di diversa massa in regioni lontane dal centro dell’ammasso. Come previsto nel caso di un sistema altamente evoluto, i ricercatori hanno trovato tracce di un aumento significativo di stelle di piccola massa a distanze crescenti dal centro.

«L’eccezionale qualità delle immagini Gemini ci ha permesso di costruire un dettagliato identikit di NGC 6624 e di determinare sia la sua età cronologica che quella “biologica”», spiega a Media INAF Emanuele Dalessandro dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Bologna, co-autore dello studio. «Questo sistema stellare è vecchio quasi quanto l’Universo e appare estremamente evoluto anche quando si analizza la distribuzione spaziale delle stelle che lo compongono. Questo studio è parte di un ampio programma di ricerca che, grazie all’uso di immagini ad alta risoluzione realizzate a lunghezze d’onda infrarosse con GeMS/GSAOI, ci permetterà di svelare regioni della Galassia prima quasi inaccessibili. Questa ricerca ci aiuterà a capire come si sia formato ed evoluto il bulge della Via Lattea usando la sua popolazione di ammassi globulari e a rispondere ad una delle principali domande aperte riguardo la struttura della galassia in cui viviamo».

Questo studio è solo una parte di un programma di ricerca molto più ampio, volto a mettere in luce alcuni dei processi ancora dibattuti che hanno portato alla formazione del bulge centrale della Via Lattea, attraverso lo studio degli ammassi globulari.

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