La giornata odierna della Festa del Cinema di Roma in Sala Petrassi si conclude alle ore 22.30 con la proiezione di “Into the Inferno” di Werner Herzog, autore di oltre sessanta film tra lungometraggi e documentari come “Aguirre furore di Dio“, “Nosferatu“, “Il principe della notte“, “Fitzcarraldo“, “Kinski“, “Il mio nemico più caro“, “Grizzly Man“, “Encounters at the End of the World” e “Cave of Forgotten Dreams“. Il suo ultimo lavoro conduce nei crateri di alcuni dei vulcani attivi rimasti nel mondo: uno dei tour più estremi della lunga carriera del grande regista tedesco. Dalla Corea del Nord all’Etiopia, dall’Islanda all’Arcipelago di Vanuatu, gli uomini hanno creato mitologie per dare un senso ai vulcani. In compagnia del vulcanologo Clive Oppenheimer autore di “Eruptions that shook the world“, il documentario che ha ispirato il film, Herzog offre non solo una dettagliata esplorazione dei vulcani in giro per il mondo ma anche un’indagine sul sistema di credenze che gli esseri umani hanno creato attorno al fenomeno delle eruzioni vulcaniche.
“Mi ha interessato in particolare l’aspetto dal punto di vista antropologico più che scientifico – ha commentato Oppenheimer -. In realtà non sono mai stato soddisfatto dai vari documentari fatti sui vulcani, perché in questi si esaminano solo l’aspetto della catastrofe senza vedere la vita che c’e’ intorno. Passano migliaia di anni da una eruzione all’altra e tutto ciò che vive li’ intorno ha una sua cosmologia: bisogna vedere come la cultura si adatta, volevamo capire seriamente i vulcani anche attraverso le tradizioni orali, i racconti delle popolazioni che vivono li’ e che ha volte ci hanno dato informazioni prima sconosciute. E’ stato bello parlare con i capi dei villaggi“.
Infatti Herzog, realizza anche tanti ritratti di un’umanità profonda: dal carpentiere che sul Merapi, in Indonesia lavora alla costruzione di una chiesa a forma di colomba, ma che sembra più un enorme pollo, voluta come omaggio al vulcano da un ricco della zona, a un entusiasta paleontologo di Berkeley, che insieme al più grande esperto di fossili del mondo, in Etiopia, ha appena scoperto i resti rarissimi di un ominide di migliaia di anni fa.
L’Italia è il Paese da dove è partita la formazione di Oppenheimer, che ha studiato anche lo Stromboli: “Ricordo che la prima settimana fu tranquilla ma quella successiva molto meno”. Lo scienziato si è detto molto contento di mostrare il film in Italia ”anche perché so bene quanto, soprattutto nel sud, abbiano familiarità con i vulcani. Basti pensare all’Etna o il Vesuvio, che rappresentano una minaccia per le popolazioni che vivono nelle vicinanze. Tuttavia da voi si è formata una generazione di vulcanologi estremamente preparati, delle eccellenze, che stanno perfezionando i mezzi per cogliere ogni rischio”. L’importante ”per avere un efficace piano di evacuazione di una delle quelle zone, semmai servisse, è che che scienza e studi sociali collaborino”.
“Da vulcanologo – ha poi aggiunto Oppenheimer – sai che tanto più è lungo il periodo di quiete, tanto più enorme sarà l’eruzione. Anche io ho paura: una paura razionale dell’altitudine e dei vulcani. Per quello che mi riguarda quando mi avvicino al vulcano mi concentro su quello che è il mio compito, ma una volta che ho impostato le macchine mi faccio prendere da ciò che mi circonda, è una esperienza multi sensoriale: udito, vista, resto quasi ipnotizzato dalla lava, le vibrazioni sotto i piedi e l’odore nell’aria. Sul campo mi sento a casa“. Ma avete avuto problemi a girare in Corea del Nord? “Sinceramente no. Sono 5 anni che opero in Nord Corea e mi sono reso conto che il monte Paektu è parte integrante della loro vita quotidiana: lo puoi vedere ovunque in ogni ritratto o foto, e’ una vera e proprio icona culturale, e’ la montagna sacra della rivoluzione e la profonda origine di queste persone“.
“Sono l’unico regista sano di mente che esiste, sto molto attento a non correre pericoli” ha detto Werner Herzog alla presentazione del film con Oppenheimer. Lo scienziato era già apparso dieci anni fa in un altro documentario di Herzog, Incontri alla fine del mondo: ”Allora, in Antartide, Werner era rimasto con noi una settimana, e ci aveva affascinato con i suoi racconti. Lui aveva già filmato nel ’76, in ‘La Soufrie’re’ il vulcano attivo sull’isola di Saint Vincent, nei Caraibi ed ero certo che sul tema non avesse finito. Cosi’ quando cinque anni fa ho finito il mio libro, l’ho chiamato e gli ho detto che era arrivato il momento di fare sul serio”.