In Valnerina ieri c’era uno tra i borghi più belli d’Italia: Visso devastata dal terremoto, macerie ovunque

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Fino a ieri pomeriggio, la strada statale delle gole della Valnerina portava a Visso. Era uno dei borghi più belli d’Italia: lo attesta un cartello che, ora, si alza tra le macerie. Visso è uno dei paesini del maceratese più colpiti dal terremoto di ieri sera. Già arrivando da Norcia, passando per Preci, qualcosa non va: la candida abbazia di Sant’Eutizio, che ospitò San Benedetto e San Francesco, si apre al cielo sventrata, con le pareti a terra. Sembra una scena di guerra – racconta Matteo Bosco Bortolaso per LaPresse – una bomba potrebbe essere caduta dal cielo. Ed invece è stato il terremoto. Prima di attraversare il fiume Nera, che dà il nome anche ad un altro centro colpito, Castelsantangelo di Nera, l’asfalto appare cosparso di piccoli detriti bianchi. Quindi, più ci si avvicina a Visso, più si discende nella paura. La vallata si fa scura e ventosa, il cielo pieno di nuvole cariche di pioggia. Il manto stradale, già sconnesso di suo, si riempe di enormi massi, caduti dalle pareti rocciose delle montagne circostanti. Questa strada è stata chiusa al traffico. Solo veicoli militari la percorrono. La loro base è alle porte del piccolo paesino dell’entroterra marchigiano. Qui c’è anche il centro di accoglienza della croce rossa, dove alcuni hanno deciso di passare la notte.

LaPresse/Settonce Roberto
LaPresse/Settonce Roberto

Non Elena Z., una signora di origine ucraina, sposata con un italiano e madre di un bambino di 16 anni. “Io preferisco dormire in auto, l’ho fatto ieri e lo farò anche oggi – spiega – in tenda c’è tanta gente che piange: quando due persone cominciano, un terzo si unisce, si diffonde il panico“. In effetti suo marito, seduto a pochi passi da lei, di tanto in tanto si soffia il naso, commosso e senza parole. Altri portano il fazzoletto agli occhi, per asciugare le lacrime. “Ogni volta che qualcuno gli fa delle domande, lui comincia a star male“, dice Elena del marito. Lei ha deciso di affrontare la tragedia con il sorriso, con energica ironia. Di fronte a lei c’è un negozio di articoli sportivi che ha perso un’intera parete, facendo cadere scarponi da escursionisti e camere d’aria per le bici. Gli sportivi, qui, non mancavano. E nemmeno i visitatori: un piccolo chalet di legno, ancora intatto, ospita l’infopoint dell’associazione degli operatori turistici dell’Alto Nera. Il cartello che ricorda come Visso sia uno dei borghi più belli d’Italia, con tanto di bandiera arancione, si alza a pochi metri da un altro muro crollato, quello dell’ufficio postale. E’ stata una caduta netta, che ha aperto come una scatoletta il prefabbricato dove si spedivano raccomandate e pagavano le bollette. Le sedie per l’attesa e gli sportelli degli impiegati sono ancora tutti lì, muti. Poco più avanti, distesa sul marciapiede, c’è una fetta di pizza gigante, di plastica. Indicava, sino a poche ore fa, il luogo di una sosta per bere e mangiare.Ora però, a girare per le strade spazzate dal vento, ci sono quasi solo militari, pompieri, tecnici del gas e della luce, volontari della protezione civile. I pochi abitanti, intabarrati per il freddo, girano smarriti e increduli. Solo una parte del borgo è percorribile, il centro è ancora off-limits. Per terra calcinacci, tegole e mattoni ricordano che il rischio di nuovi crolli, di scosse improvvise, è sempre presente. Per questo, sui volti dei pochi abitanti che si aggirano per le strade, oltre alle lacrime, c’è anche la tensione.Tutto, tranne il centro d’accoglienza, è chiuso: caffé, uffici, chiese, hotel. C’è anche una filiale di Banca Marche, che non ha troppi danni. Era correntista la signora Giulia, proprietaria di un ristorante nel centro di Visso. Ha vissuto anche i terremoti del ’79 e dell’87: “Ma quelli non portarono i danni di questo qui“, racconta abbattuta, mentre i suoi amici scherzano: “Che sfortuna, prima la banca e ora il terremoto“. Di tanto in tanto, però, sul volto di questi marchigiani di montagna, un sorriso arriva, anche perché di vittime non c’è notizia. Pure la signora Elena, che ieri aveva perso traccia del marito, alla fine l’ha ritrovato. Cosa chiede ai politici che ora arriveranno qui? “Che facciano finire il terremoto“, risponde ridendo.

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