Malattie reumatiche: ogni anno 22 milioni di giorni di lavoro in fumo

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Circa il 50% dei pazienti con malattie reumatiche muscolo-scheletriche croniche manifesta disabilità e otto persone su dieci sono costrette a convivere col dolore cronico, il che si traduce in oltre 22 milioni di giornate di lavoro perse ogni anno, pari a un calo di produttività di 2 miliardi e 800 milioni di euro. “Alla luce di questi dati è importante che lo Stato si prenda carico della cura delle persone con malattie reumatologiche“. A lanciare l’appello è la presidente di Apmar (Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare) Antonella Celano, in occasione della Giornata mondiale delle malattie reumatiche che si celebra domani. L’associazione oggi a Roma ha promosso un momento di confronto su prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie reumatiche e rare. “Alla luce dei dati – afferma Celano – è importante che lo Stato si prenda carico della cura delle persone affette da malattie reumatologiche e che non si parli più di costi ma di investimento in Salute“. Una persona in Salute è produttiva a beneficio dell’intera società. In base a questa convinzione Apmar è in prima linea per ottenere investimenti maggiori in termini di diagnosi precoce e terapie, per migliorare la qualità della vita dei pazienti e limitare i danni personali ed economici derivanti da gravi disabilità. “Allo stesso tempo, è importante che la persona con una patologia reumatologica riceva un equo accesso alle cure in tutte le Regioni; per questa ragione promuoviamo iniziative utili alla sostenibilità del Ssn, come il sostegno dell’aderenza terapeutica e della appropriatezza prescrittiva“, rileva Celano. C’è poi la questione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Le malattie reumatologiche oggetto dei Lea sono: artrite reumatoide, Lupus, Malattia di Sjögren, Malattia di Paget, Psoriasi Artropatica, spondilite anchilosante e sclerosi sistemica, quest’ultima riconosciuta come ‘rara’. Per le altre si notano delle incongruenze. Ad esempio, gli esami di laboratorio per il follow-up del paziente in terapia biologica variano a seconda della patologia di riferimento, rileva Apmar. Su questo tema il dibattito è ancora molto acceso: a parità di terapia biologica, “le prestazioni Lea dovrebbero essere accessibili a tutti, invece alcuni pazienti pagheranno per le stesse prestazioni ritenute necessarie, appropriate e quindi gratuite, per altri pazienti“. “Queste dissonanze sono dovute all’assenza di una visione comune tra clinici e decisori politici – afferma Celano – La parola ‘essenziale’ dell’acronimo Lea perde ancor più significato, se si pensa che le Regioni più ricche riusciranno a garantire ai cittadini anche prestazioni sanitarie non incluse nei Lea, mentre le Regioni in Piano di Rientro avranno difficoltà a rispettarli. In questo sistema universalistico l’assistenza non è equamente distribuita su tutto il territorio”. C’è poi il nodo del costo dei farmaci biologici, capaci di sovvertire il decorso di malattie invalidanti e di grande impatto epidemiologico. In questo contesto si collocano i biosimilari, progettati per avere caratteristiche farmacologiche ‘sufficientemente simili’ al farmaco originatore e che costano circa il 30% in meno. Per i pazienti reumatici che presentano multimorbidità e per i pazienti pediatrici, “la valutazione di una terapia con farmaci biosimilari dovrebbe essere ponderata con estrema cautela. L’unica figura abilitata dovrebbe essere lo specialista prescrittore“, conclude l’Apmar.

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