Medicina: alle Molinette per la prima volta in Italia l’ablazione della fibrillazione atriale senza esposizione radiologica

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Per la prima volta in Italia, alle Molinette di Torino, si esegue l’ablazione della fibrillazione atriale senza esposizione radiologica. E una delle novità di cui si parlerà in occasione delle XXVIII Giornate Cardiologiche Torinesi ‘Advances in Cardiac Arrhythmias and Great innovations in Cardiology’ in programma nel capoluogo piemontese dal 13 al 15 ottobre durante le quali esperti italiani ed internazionali si confronteranno sulla salute del cuore, dalla prevenzione alla morte improvvisa negli atleti, dai rischi dell’obesità alle importanti novità per il trattamento delle aritmie. “L’intervento ablativo, che prima richiedeva, oltre a mani espertissime, un’esposizione radiologica di 15 minuti – spiega Fiorenzo Gaita, direttore della Cardiologia universitaria delle Molinette – oggi si effettua introducendo dei cateteri all’interno del cuore ed abbattendo per il paziente i tempi di radiazione. Noi siamo stati i pionieri e cerchiamo, anno per anno, di migliorare questa tecnica riuscendo così ad ottenere risultati che, per il momento, solo pochi centri al mondo riescono a realizzare“. L’ablazione per la cura della fibrillazione atriale è nata proprio in Piemonte, in collaborazione con Bordeaux nel 1996 e ad oggi si eseguono nel mondo più di un milione d’interventi di questo tipo, 2mila all’anno solo in Piemonte. Altro filo conduttore dei tre giorni di congresso, sarà la prevenzione. In particolare Sebastiano Marra, direttore del Dipartimento Cardiovascolare del Maria Pia Hospital di Torino ai 600 partecipanti tra medici ed operatori presenterà i risultati dello studio condotto su una vasta porzione di popolazione (10.129 pazienti in Piemonte) inerenti le abitudini alimentari, comportamentali, obesità, sedentarietà, oltre i classici fattori di rischio, quali diabete, ipertensione, fumo, ipercolesterolemia. “La prevenzione in ambito cardiovascolare salva più vite rispetto alle migliori terapie attualmente disponibili – osserva Marra- oltre a ridurre l’impatto della malattia sulla società e sulla qualità di vita dei pazienti. Le cure, quando salvano la vita, purtroppo non scongiurano la possibilità di riportare dei danni fisici e psichici, con ricadute sulla capacità lavorativa e su tutti gli altri aspetti dell’esistenza. Statisticamente, in base a dati raccolti negli ultimi vent’anni, una buona prevenzione in ambito cardiovascolare incide dal 45 al 60%, la riduzione della mortalità con le migliori terapie si assesta tra il 40-45%“.

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