Scoperto da un team italiano il segreto della diffusione dei tumori cerebrali che colpiscono i bambini. Ricercatori e neurochirurghi pediatrici della Fondazione Policlinico universitario Gemelli e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma hanno identificato diverse proteine specifiche dei tumori del cervello che colpiscono i bambini, che potranno rivelarsi di grande utilità nella cura di queste malattie, oggi la seconda causa di mortalità per patologie oncologiche in età pediatrica. Si tratta di una delle recenti scoperte messe a segno dal team della Uoc di Neurochirurgia infantile del Gemelli e dal Centro di ricerca per terapie individualizzate dei tumori cerebrali pediatrici dell’Università Cattolica: gli ultimi risultati dei loro lavori vengono presentati in occasione dell’annuale Congresso della Società internazionale di neurochirurgia pediatrica che si svolge a Kobe (Giappone) dal 23 al 27 ottobre. In questa occasione si presenta ufficialmente il numero speciale di Child’s Nervous System sui tumori cerebrali emisferici di basso grado. I tumori cerebrali, ricordano i ricercatori del Gemelli, sono le neoplasie solide più frequenti in età pediatrica: l’incidenza è di 1-5 nuovi casi per 100.000 bambini per anno. Uno dei settori più promettenti di ricerca e cura di questi tumori proviene dalla cosiddetta terapia-bersaglio (target-therapy) che consiste nel creare delle molecole selettive per ciascun tipo di tumore, ovvero farmaci che agiscano specificatamente sulle cellule tumorali di modo da accrescere l’efficacia della cura e limitare gli effetti collaterali che interessano le cellule sane. Per poter approntare farmaci di questo tipo, è necessario conoscere la cellula tumorale in maniera quanto più approfondita possibile. La ricerca dell’università Cattolica è principalmente focalizzata sugli studi di proteomica. Fino ad ora, sono state identificate diverse proteine specifiche che potranno rivelarsi di grande utilità: innanzitutto le ’emorfine’ (in particolare, VV-7 e LVV-7), in grado di sopprimere le cellule tumorali e bloccarne la proliferazione. Sono state riscontrate nel liquor dei tumori della fossa cranica posteriore (soprattutto medulloblastoma e astrocitoma) dopo la rimozione del tumore, mentre la loro produzione risulta spenta quando il cancro è ancora presente. In altri termini, il tumore provvede a bloccare la produzione di emorfine per poter crescere. Gli scienziati stanno adesso cercando la strada per stimolare la produzione di emorfine e bloccare la crescita del cancro. Ma non è tutto, i ricercatori dell’Università Cattolica hanno identificato la protimosina alfa1 e le paratimosine: tipiche del medulloblastoma (il tumore cerebrale maligno più frequente nei bambini), sono in grado di stimolare la cellula tumorale e inibirne l’apoptosi (ovvero la morte programmata), favorendo così la progressione tumorale. L’identificazione di farmaci che abbiamo queste proteine come bersaglio potrà potenziare notevolmente la cura del medulloblastoma. Un’altra famiglia di proteine protagoniste della ricerca targata Università Cattolica e Policlinico Gemelli sono le timosine-? che hanno un ruolo analogo alle precedenti ma sono state riscontrate in un tumore diverso, il craniofaringioma. Quest’ultimo, pur essendo una neoplasia biologicamente benigna, è uno dei tumori più difficili da trattare in età pediatrica per via dell’alto rischio di recidiva e di deficit visivi ed endocrinologici che il tumore stesso o l’intervento chirurgico possono produrre. La necessità di una terapia personalizzata è quindi anche in questo caso molto sentita e la ricerca sempre più vicina a identificare le molecole da aggredire farmacologicamente.