Il suo aspetto segnato da una vasta cavità tondeggiante richiama alla memoria la ‘Morte Nera’, la temibile arma di distruzione che incombe sinistra nel primo, storico film della saga di Star Wars. Stiamo parlando di Phobos, uno dei due satelliti naturali di Marte, il cui cratere Stickney ha particolarmente suscitato l’attenzione degli studiosi.
A questo tratto caratteristico della luna ‘marziana’ è stato dedicato lo studio “Excavating Stickney Crater at Phobos”, condotto dal Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) in California e pubblicato sulla rivista Geophysical Review Letters.
Scoperto nel 1877 dall’astronomo statunitense Asaph Hall, Phobos è un corpo celeste di ridotte dimensioni e aspetto irregolare che orbita a circa 6mila chilometri da Marte. La superficie di questa luna, che deve il suo nome mitologico ad un figlio di Marte e Venere, è pesantemente segnata da crateri di cui il più grande è Stickney.
Questo incavo, così denominato dal cognome della moglie di Hall (Angeline Stickney), ha un diametro di 9 chilometri e occupa un’ampia porzione del ‘volto’ di Phobos. Gli scienziati si sono spesso interrogati sulla sua formazione e il team di ricerca del laboratorio LLNL ha provato a far luce su questo enigmatico corpo celeste, utilizzando delle simulazioni numeriche.
Il gruppo di lavoro – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – ha dimostrato che un oggetto proveniente dall’esterno, come un asteroide o una cometa, può avere impattato contro Phobos senza distruggerlo completamente, ma lasciando come ‘firma’ del suo passaggio il vistoso cratere.
Presa in considerazione la natura porosa della luna, i ricercatori hanno utilizzato una simulazione in 3D con cui sono state esplorate diverse possibilità fino ad individuare loscenario più realistico, vale a dire un oggetto di 250 metri di ampiezza che viaggia ad una velocità di circa 6 chilometri al secondo.
I precedenti studi in tal senso si erano basati su simulazioni bidimensionali a risoluzioni più basse e non erano riusciti ad ottenere risultati convincenti. Inoltre, secondo gli esperti del laboratorio LLNL, i solchi attorno a Stickney non sarebbero correlati all’impatto come si pensava un tempo. Le nuove simulazioni suggeriscono un’altra ipotesi per queste fenditure, che sarebbero state create dal movimento di rocce spostate dopo l’urto con l’oggetto esterno.
La ricerca sul ‘maxi cratere’ di Phobos ha avuto anche un altro interessante risvolto. Gli studiosi hanno infatti utilizzato Spheral, un codice di simulazione open source sviluppato presso le strutture di LLNL e impiegato per simulare vari metodi di deviazione di asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra. L’indagine sulla luna di Marte è stata quindi un banco di prova per questo strumento informatico.