Robot-chirurgo: in tutto il mondo sono 3745 quelli utilizzati per la prostata

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Sono precisamente 3745 i robot Da Vinci impiegati in tutto il mondo per la chirurgia della prostata: per lo più, ovvero 2474, si trovano negli Stati Uniti, 462 in Asia e 632 in Europa, di cui 81 in Italia, dove pero’ oltre la metà è concentrata al Nord. A fare il bilancio è Vincenzo Mirone, segretario generale della Societa’ italiana di urologia (Siu), al convegno dell’associazione in corso a Venezia. Solo in Lombardia ve ne sono 21, mentre in Molise e in Calabria non ne è stato installato nessuno e in Sicilia ce n’e’ uno soltanto. ”I robot-chirurghi presenti in Italia sono sufficienti alle esigenze dei pazienti – rileva Mirone – Il problema e’ la distribuzione a macchia di leopardo e le differenze fra Sud e Nord”. Al Nord i robot presenti sono 43, al centro 25, di cui 11 in Toscana, al Sud e nelle isole invece appena 15, di cui 9 fra Campania e Puglia. Così ”si favorisce la migrazione sanitaria dei malati per cui l’intervento robotico e’ piu’ indicato – continua Mirone – con un aggravio dei costi sanitari”.

Il robot-chirurgo non è comunque installabile in tutti i reparti di urologia. Il suo costo si aggira tra i 1,5 e 2,7 milioni di euro e per ogni intervento, solo per i materiali d’uso, si spendono circa 4-5000 euro. Sarebbe quindi opportuno utilizzarlo, secondo gli esperti, solo se si possono sostenere oltre 350 interventi l’anno. Per gli urologi serve una redistribuzione dei robot, perché sono efficaci e in alcune situazioni preferibili alla mano dell’uomo. A 16 anni dalla prima rimozione di prostata con robot, oggi negli Stati Uniti l’80% degli interventi viene eseguito dal Da Vinci. In Europa le percentuali sono molto inferiori, ma in crescita. I risultati della chirurgia robotica e quella detta ‘aperta’, in termini oncologici sono simili, ma ”l‘intervento robotico e’ piu’ rapido e cosi’ preciso da azzerare il rischio di recidive”, spiega Mirone. Inoltre evita l’incontinenza, che si ha nel 5% dei pazienti operati senza robot, e i problemi di erezione, che arrivano al 60% con la chirurgia aperta.

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