Salute, pediatra: dopo il bimbo con la tubercolosi a Trieste basso rischio di altri casi

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Ha suscitato allarme fra i genitori triestini la vicenda della pediatra con tubercolosi attiva, che ha portato a richiamare e controllare quasi 3.500 bimbi sotto i 6 anni. Ma dopo la scoperta di un bimbo in cui è stata diagnosticata la malattia, è ragionevole attendersi altri casi? “Il rischio e’ basso. Ma, come ci dimostra il caso appena diagnosticato, e’ doveroso mantenere l’allerta e applicare rigorosamente il protocollo d’azione che e’ stato avviato e che ha permesso appunto di intercettare tempestivamente il bambino che era stato contagiato“. Lo spiega all’Adnkronos Salute Alessandro Ventura, direttore del Dipartimento di pediatria del Burlo Garofolo di Trieste, struttura dove viene curato il piccolo paziente. Le condizioni del bambino “sono buone. Ha iniziato la terapia che gli spetta e contiamo di dimetterlo per proseguire le cure a casa, dopo i dovuti giorni di osservazione ospedaliera – spiega l’esperto – In un bambino appena contagiato – precisa – la malattia e’ di regola asintomatica. L’avvenuta infezione può essere svelata dalla positivizzazione dell’intradermoreazione di Mantoux (o di altri test, come il Quantiferon, che documentano la attivazione del sistema immunitario contro il bacillo tubercolare), dopo un periodo di 4-8 settimane dal contagio. Nello stesso periodo peraltro possono anche manifestarsi, con grande variabilità individuale, i segni clinici delle diverse forme di tubercolosi a cominciare dalla febbre, dalla tosse o dalla infiammazione di linfonodi“. La terapia dell’infezione tubercolare “e’ tra le più standardizzate al mondo ed e’ indicata precisamente da linee guida delle società scientifiche internazionali. Ogni forma ha un suo trattamento – continua Ventura – con diversa associazione di farmaci e diversa durata“. Ad esempio, nel bambino ‘semplicemente’ esposto al rischio di contagio e con test della Mantoux negativo “si deve eseguire una profilassi con isoniazide per la durata di otto settimane dal contagio. Se alla fine di questo periodo la Mantoux sarà ancora negativa e non ci saranno segni di malattia la terapia finisce lì. Nei casi invece in cui la Mantoux si positivizzi o compaiano i segni della malattia, si dovranno completare gli accertamenti (in primis la radiografia del torace e l’esame batteriologico dell’escreato o dell’aspirato gastrico) e prolungare la terapia per almeno 6-9 mesi associando altri farmaci a seconda del tipo e della localizzazione“. Ma quanto è diffusa la tubercolosi nella zona? “Quello che vediamo noi in pediatria al Burlo Garofolo, centro di riferimento pediatrico regionale, e’ un numero variabile dell’ordine delle unita’ e non superiore a dieci” ogni anno. “Per quanto la tubercolosi sia oggi un problema raro rispetto a un tempo, e’ sempre al centro dell’attenzione, dell’attività formativa e dell’allerta di medici e pediatri. I sintomi sono di fatto aspecifici, possono essere quelli di tante altre condizioni (febbre, tosse, scadimento delle condizioni generali), ma medici e pediatri – assicura – sanno che questi sintomi vanno sempre valorizzati per un sospetto di tubercolosi se sono presenti dei fattori di rischio: diagnosi in un convivente, provenienza o viaggi in Paesi a rischio, malattie di base che comportano immunodepressione o uso di farmaci immunosoppressori“, conclude.

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