Una goccia di sangue che cola dal naso. Un episodio comune soprattutto nei bambini vivaci. Uno di quei problemi che spesso vengono dimenticati appena passano. Ma per il 90% delle persone affette da Hht, l’acronimo internazionale di Teleangiectasia emorragica ereditaria, l’epistassi è spontanea e ricorrente. L’Hht è una malattia genetica rara che colpisce 1 persona su 5 mila, che causa malformazioni vascolari. Oggi la sfida più difficile per i medici e le associazioni dei malati è far emergere i pazienti senza diagnosi. “Nel 2020 vorremmo arrivare a scovare almeno il 50% delle persone che hanno questa patologia, perché oggi siamo fermi al 10%“, spiega all’AdnKronos Salute Claudia Crocione, project&communication manager HHTonlus.
“Noi che abbiamo una diagnosi ci sentiamo fortunati – prosegue Crocione – ma a tutti quelli che sospettano di avere la patologia vogliamo dire di non aver paura. Trovare i pazienti è un obbligo anche nei confronti della scienza, perché se arriveremo almeno a trovare la metà di quelli con Hht in Italia, circa 6 mila persone, sappiamo che sarà possibile trovare anche più fondi per la ricerca“.
Se si conosce già la mutazione genetica presente nella propria famiglia è possibile verificare la presenza del difetto del Dna in altri familiari con un semplice esame del sangue. “La diagnosi di Hht è estremamente semplice – ricorda Giulio Cesare Passali, ricercatore del Policlinico Gemelli di Roma – perché è una diagnosi clinica: se il paziente risponde a 3 criteri su 4 si può fare una diagnosi certa. Poi si possono fare altri accertamente genetici e andare a studiare le alterazione che possono portare a complicazioni della patologia“.
Uno dei problemi per chi si occupa di Teleangiectasia emorragica ereditaria (Hht) è la scarsa conoscenza in ambito medico di questa malattia rara. “E’ una patologia poco considerata – osserva Passali – perché poco conosciuta e poco studiata, anche sui testi di medicina ci sono scarne informazioni. Così il medico di medicina generale o il medico d’emergenza può non rendersi conto di avere davanti un possibile paziente“.
A oggi non c’è una cura per l’Hht: “Non è possibile bloccare il difetto dell’omeostasi angiogenica vascolare dei vasi capillari – sottolinea il medico – si possono però fare interventi terapeutici delle malformazioni arterovenose viscerali (Mav) cerebrali o polmonari per evitare emorragie: le complicazioni peggiori di questa patologia“.
In Italia ci sono tre centri specifici che studiano l’Hht, a Bari, Pavia e a Roma il Policlinico Gemelli, dove sono presenti dei percorsi terapeutici ‘ad hoc’ per il paziente. “Io sono una paziente e ho una bambina di 5 anni con Hht, così come mia madre e mia nonna – conclude Claudia Crocione, project&communication manager HHTonlus – è un fatto familiare, ma non si è soli. Se si incontra una famiglia, come è la nostra associazione, si trova una nuova famiglia. L’Hht è, tra tutte le patologie rare, quella più gestibile perché abbiamo gli strumenti per la prevenzione“. (AdnKronos)