Era proprio il 27 novembre 1922 quando gli archeologi ed egittologi britannici Howard Carter e lord George Herbert, conte di Carnavon, entrarono nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. Già dal 4 novembre grazie agli scavi era stata rinvenuta una importante sepoltura e Lord Carnavon, che lo aveva saputo grazie ad un telegramma di Carter, era subito arrivato in Egitto. Dopo sei anni di scavi, dunque, la luce delle lanterne degli studiosi illuminò il più prezioso sarcofago mai scoperto, quando ormai si pensava che la zona “non offrisse più alcuna possibilità di nuove scoperte”. Tutankhamon è stato l’undicesimo faraone della XVIII dinastia e regnò per 10 anni, dal 1333 al 1323 a. C., morendo a soli 20 anni, probabilmente a causa di un’infezione sopraggiunta a seguito di una ferita ad una gamba.
La collocazione della sua ricca sepoltura al di sotto della tomba di Ramsete VI, tra i resti di alcune capanne destinate agli operai della XX dinastia, l’aveva tenuta nascosta per secoli facendo di essa l’unica tomba inviolata tra le 60 scoperte nella Valle dei Re. Il sarcofago venne aperto in un secondo momento, con precisione il 16 febbraio 1924, alla presenza di Carter, ma non di Lord Carnarvon, che era morto nel 1923. Al suo interno venne ritrovata la mummia intatta dello sfortunato faraone, con il volto coperto da una maschera d’oro, forse il più conosciuto tra tutti gli oggetti ritrovati nel corredo funerario.
Negli anni successivi, le morti di tutti i protagonisti di quella storica impresa hanno contribuito a creare la leggenda della “maledizione di Tutankhamon“: Lord Carnarvon, che aveva finanziato gli scavi, morì a causa di un’infezione causata da una puntura di un insetto. Arthur Cruttenden Mace, collaboratore di Carter, morì nel 1828. Carter morì invece a soli 69 anni, il 2 marzo 1939, dopo 17 anni dalla scoperta che lo aveva reso celebre. Gli studi sulla tomba proseguono ancora oggi e il 4 novembre 2007 la riesumazione del sarcofago ha permesso per la prima volta di vedere il vero volto del sovrano, che in seguito è stato anche ricostruito grazie a moderni sistemi computerizzati.