Anemia Fetale: pubblicato lo studio per il nuovo test prenatale che identifica il Fattore Kell

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Un nuovo test non invasivo per individuare uno dei fattori responsabili dell’anemia fetale su base immune (Fattore KELL): è questa la conclusione di uno studio realizzato da Geneticlab in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Bologna coordinati dal Prof. Antonio Farina, docente associato in Ostetricia e Ginecologia all’Alma Mater e in forza al reparto di Ginecologia dell’Ospedale Sant’Orsola diretto da Nicola Rizzo.

La ricerca – pubblicata sulla rivista scientifica internazionale “American Journal of Reproductive Immunology” – si è concentrata sulla possibilità di individuare nel feto il gene per il fattore Kell (un antigene presente sulla superficie dei globuli rossi dei soggetti Kell positivi e assente nei soggetti Kell negativi) attraverso un semplice prelievo di sangue materno. Conoscere la positività a questo antigene è fondamentale, perché se il sangue della mamma Kell negativa entra in contatto con il sangue del feto Kell positivo (ad esempio durante il parto, con procedure di diagnosi invasiva, ecc…) può “sensibilizzarsi” e produrre anticorpi contro l’antigene Kell.

In seguito ad una prima sensibilizzazione, gli anticorpi della gestante Kell negativa possono raggiungere attraverso la placenta il sangue del feto Kell positivo, determinando una reazione immunitaria che porta alla cosiddetta “Malattia emolitica del feto e del neonato (HDFN)”, con conseguenze anche gravi sulla salute del feto.

Su alcuni campioni di donne in gravidanza coinvolte nella ricerca è stato possibile individuare, attraverso l’analisi del DNA fetale presente in piccola quantità nel sangue materno, le sequenze di DNA che definiscono il fenotipo Kell. Quando viene rilevato il segnale caratteristico del fenotipo Kell, esso proverrà univocamente dal feto, poiché la madre Kell negativa non è in grado di generarlo, e in questi casi si procede poi secondo protocolli medici definiti.

Generalmente questa verifica veniva effettuata attraverso metodiche invasive come amniocentesi o villocentesi: lo studio pubblicato ha voluto quindi evidenziare le grandi potenzialità dei test di screening non invasivi e la loro utilità nel fornire informazioni importanti per la madre sulla sua gravidanza.

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