Gli analisti sembrano sicuri: anche nel nostro Paese sta per decollare il piano che dovrebbe lanciare il sistema produttivo nazionale nell’epoca dell’Industria 4.0, orientata alla digitalizzazione del mondo delle imprese che trasforma rapidamente i modelli di business, che dovrebbe trovar sponda anche nei piani di finanziamento annunciati dal Governo Renzi.
Il Piano Industria 4.0. È il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, a spiegare che “il digitale è un grande abilitatore orizzontale. Per questo abbiamo costruito un piano nazionale industria 4.0 integralmente contenuto nella finanziaria, tecnologicamente neutro, che non definisce tecnologie ma ambiti tecnologici. È orizzontale e si basa integralmente su incentivi fiscali, che lavorano sul driver degli investimenti, di stimolo e vantaggio fiscale”. L’obiettivo è innanzitutto quello di allineare il sistema infrastrutturale italiano alle dinamiche dell’economia reale, con una vera e propria politica industriale basata sull’innovazione e centrata sulla manifattura.
Trasformazione digitale. E le premesse per questo super “pacchetto” sono già molto interessanti, soprattutto a guardare gli stanziamenti annunciati: 20,4 miliardi di euro nel periodo 2017-19, di cui 13 miliardi nel solo 2017, che rappresentano gli impegni già presi su questa ultima Legge di bilancio. La sfida è riuscire a coinvolgere le 4 milioni di imprese che formano la spina dorsale della nostra economia, complicata anche dal fatto che finora non sono stati previsti incentivi all’utilizzo del cloud computing nelle sue varie forme, con il rischio dunque che quanto invece messo in campo non sia sufficiente a garantire la necessaria massa critica di “trasformazione digitale”.
La rincorsa italiana. Dunque, anche se il futuro è sicuramente “immateriale”, il presente invece continua a essere quello molto più concreto e “manuale”, che intercetta solo parzialmente l’innovazione digitale. Anzi, in uno scenario globale che attualmente vede un “rallentamento dell’ascesa degli emergenti” e, al contrario, una “ripresa dell’attività industriale nei Paesi avanzati, soprattutto in Usa e Germania”, l’Italia “ancora arranca”, “fatica a ripartire” ed è in una “lenta risalita”, ma ciò nonostante realtà una solida realtà nel panorama mondiale. È questo, infatti, quello che si legge nel rapporto sugli “scenari industriali” realizzato dal Centro Studi di Confindustria, che dunque conferma come la produzione sia ancora fisica.
Non è ancora tempo di pensione per gli strumenti. Non è ancora il caso, insomma, di dire addio ai vecchi accessori e apparecchi, ma anzi è il momento di trovare sul mercato le nuove soluzioni più vantaggiose; e il Web può offrire un interessante supporto, ampliando le opportunità di scelta a disposizione dei clienti. Vale la pena citare l’esempio del Gruppo Frigerio, che ha sviluppato un portale online destinato alla fornitura di utensili elettrici e apparecchiature industriali meccaniche. È puntando sul comparto manifatturiero, infatti, che l’Italia potrà difendere la posizione che attualmente detiene a livello mondiale, e magari riuscire a consolidarsi ulteriormente.
Italia seconda in Europa per manifattura. È ancora Confindustria a rivelare che nel manifatturiero il nostro Paese “riesce a difendere la seconda posizione in Europa e si colloca settima nel mondo” (approfittando della “scivolata” del Brasile), con una quota del 2,3 per cento che però è “quasi dimezzata rispetto al 2007 e ai periodi pre-crisi, ma comunque superiore a quelle di Regno Unito e Francia” e sconta ancora differenze territoriali, con il Sud che ha subito i danni maggiori rispetto al Nord, anche in termini di perdita di potenziale manifatturiero. Leader in Europa resta la Germania con una quota del 6,1 per cento, mentre al primo posto tra “fabbriche del mondo” si rafforza la Cina, che tocca il 28,6 per cento e distanzia ulteriormente gli Stati Uniti, al secondo posto, che si fermano al 19 per cento.
Dott. Angelo Vargiu – Sociologo della Comunicazione, Web writer