Strade allagate, case e terreni completamente sommersi dalla furia distruttiva del Tanaro che dopo la terribile alluvione del 1994 torna a far paura nell’Astigiano e non solo. Gli abitanti di Asti e dintorni sono costretti a rivivere quei terribili momenti risalenti a 22 anni fa quando l’ondata di piena del fiume portò con sé una scia di distruzione senza precedenti. Il ricordo è ancora vivido nella mente degli astigiani e degli altri abitanti della regione colpiti duramente da quell’immane calamità. Come allora anche oggi sono gli agricoltori ad aver subito i danni maggiori. Le aziende agricole, i campi e le coltivazioni situate in prossimità del fiume sono state letteralmente inondate. Fortunatamente non ci sono state conseguenze per le persone – come invece era accaduto nel 1994 – ma i danni in termini economici subiti da aziende e coltivazioni, secondo una prima stima, sono già innumerevoli.
Anche alcune aziende associate a Confagricoltura Asti non sono state risparmiate, tra cui anche l’azienda agricola di Sebastiano Martinengo di Asti, cui fanno riferimento alcune foto scattate dallo stesso titolare.
Conseguenze di questo genere potevano essere evitate oppure no? Confagricoltura Asti dice di sì: “i danni subiti nelle campagne potevano e dovevano essere evitati”, afferma il presidente Massimo Forno, “questi fatti sono avvenuti a causa della rottura dell’argine vecchio che non è stato riparato nel corso degli anni e purtroppo non è riuscito a contenere l’ondata di piena”. L’esperienza del 1994 ci avrebbe inoltre dovuto insegnare come sia necessario governare le situazioni di rischio idraulico attraverso progetti integrati di gestione ambientale che hanno la finalità di rallentare l’impeto delle acque negli eventi di piena. Spesso i corsi d’acqua non regolarmente percorsi da deflusso idrico sono colonizzati da una densa vegetazione arborea ed arbustiva fino a diventare un vero e proprio popolamento d’alto fusto. In caso di piena questi popolamenti tendono a creare sbarramenti temporanei il cui cedimento improvviso porta alla formazione di pericolose ondate.
“Purtroppo questi fatti derivano da un’inefficienza del sistema e nella maggior parte dei casi sono sempre gli agricoltori a farne le spese maggiori”, conclude il presidente Forno.