Pennacchi eruttivi: modelli matematici a confronto

MeteoWeb

Sebbene la prima descrizione di una colonna eruttiva risalga a Plinio il giovane nella lettera a Tacito dove descriveva l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., la comprensione accurata della dinamica delle colonne eruttive, prodotte durante le eruzioni vulcaniche esplosive, rappresenta ancora una delle più importanti sfide della vulcanologia moderna, anche per le implicazioni che ha sul rischio per l’aviazione, legato alle emissioni di ceneri e, in generale, sui pericoli associati alla ricaduta di lapilli e ceneri.

A fare un confronto dei modelli di colonna eruttiva sviluppati dalle comunità vulcanologiche internazionali, uno studio coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – sezione di Bologna e dall’Università di Tokyo. I risultati di questo lavoro di comparazione, promosso dalla Commissione di Tephra Hazard Modelling dell’International Association of Volcanology and Chemistry of Earth Interior (IAVCEI), sono stati pubblicati nel volume speciale 326 del Journal of Volcanology and Geothermal Research (http://www.sciencedirect.com/science/journal/03770273/326). Il volume, che presenta i risultati di questa collaborazione internazionale durata oltre due anni, contiene 12 articoli scientifici di cui ben 8 con la partecipazione di ricercatori dell’INGV.

“Le dinamiche delle colonne eruttive”, spiega Antonio Costa, ricercatore dell’INGV e coordinatore dello studio, “sono influenzate significativamente dalle complesse interazioni tra di esse e l’atmosfera circostante. La comprensione di queste dinamiche è fondamentale per la stima del flusso di massa del materiale frammentato (tefra) rilasciato durante le eruzioni, quantità cruciale per i modelli di dispersione di tefra usati per la stima del rischio per l’aviazione e i pericoli associati alla ricaduta di lapilli e ceneri”.

Per queste ragioni negli ultimi decenni sono stati sviluppati diversi modelli di colonna eruttiva che vanno da semplici modelli empirici ai più recenti modelli basati sulla fluidodinamica computazionale.

“Lo studio confronta i risultati delle parametrizzazioni empiriche (modelli 0D), utilizzate per stimare il flusso di massa della colonna dalla stima della sua altezza, con quelli delle simulazioni di modelli numerici unidimensionali (1D) e tridimensionali (3D) sotto diverse condizioni vulcanologiche e meteorologiche, con l’obiettivo di valutare la robustezza dei modelli e gli aspetti che richiedono invece miglioramenti e ricerca futura. In particolare, lo studio ha coinvolto quattro modelli 0D, nove modelli 1D e quattro modelli 3D”, prosegue Costa.

“Uno dei risultati inaspettati dello studio è che le colonne eruttive “deboli” (ovvero caratterizzate da flussi di massa bassi) e “forti” (caratterizzate da flussi di massa alti), indipendentemente dalle condizioni di vento, sono governate da processi di inglobamento dell’aria molto diversi, che non sempre sono ben catturati dalle parametrizzazioni attualmente in uso, evidenziando quindi la necessità di ulteriori ricerche in questo campo”, continua il ricercatore.

Inoltre, il confronto con i modelli 3D ha mostrato chiaramente l’inadeguatezza delle attuali semplificazioni usate dai modelli 1D nel descrivere la dinamica delle colonne con flussi di massa più alti.

“Questi risultati hanno forti implicazioni pratiche in quanto diversi modelli confrontati nello studio sono utilizzati comunemente per stimare i flussi di massa durante eruzioni esplosive e la stima di questi flussi è un’informazione cruciale per i modelli di dispersione di cenere usati per le previsioni del trasporto delle nubi vulcaniche per la mitigazione del rischio legato all’effetto delle ceneri sugli aerei”, conclude Costa.

Condividi