Ricerca, genetista: l’ibernazione post mortem è fantascienza

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Si tratta di un tema strettamente confinato alla fantascienza, ai film, alcuni dei quali molto divertenti. Si ibernano i pesci per mangiarli in condizioni ottimali, ma quando li scongeliamo non tornano di certo in vita. In più, questo caso in particolare riguardava una ragazza con un cancro in fase terminale, quindi con un fisico ancora più debilitato. Un’opzione se possibile ancora più inutile, dunque, che per una persona sana“. A commentare con l’Adnkronos Salute il caso della 14enne inglese che ha ottenuto il via libera dal tribunale di Londra per l’ibernazione post mortem è il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Non bisogna confondere – spiega l’esperto – l’ibernazione di un intero organismo umano con il sistema di congelamento di singole cellule, che ha molto successo, ad esempio per gli ovociti e gli embrioni nelle tecniche di fecondazione assistita, che possono essere riportati in vita a distanza di anni. Il corpo è del tutto diverso, per una serie di ragioni. Innanzitutto le conseguenze del tempo trascorso fra la morte e il congelamento: dopo 5 minuti che al cervello non arriva ossigeno si creano danni importanti; poi, la sensibilità degli altri organi a questo processo, che non è omogenea“. “E c’è un altro gravissimo problema – aggiunge Dallapiccola – quello della contaminazione batterica. Il nostro corpo contiene circa 1,5 kg di batteri, che vengono congelati molto bene, ma che all’eventuale ‘risveglio’ aggredirebbero lo stesso organismo. Insomma, enormi problemi tecnici che non riesco a immaginare in che misura risolvibili, neanche fra decenni. Fra l’altro, ipotizzare cosa possa accadere fra 40-50 anni in ricerca non è possibile: possiamo prevedere l’orizzonte a 3-5 anni, il resto è chiromanzia, e con le attuali conoscenze possiamo dire che i problemi dell’ibernazione sono insormontabili“. “D’altro canto, se sono destinato a vivere per 80 anni, inutile provare a ottenere anni in più: il nostro organismo ha una programmazione che non può essere modificata“, conclude Dallapiccola.

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