Che aria tira nelle case sommerse? Se fra oggetti, rifiuti, animali stipati in pochi metri quadrati lo spazio vitale manca, ci sono ‘ospiti invisibili’ che non si lasciano scoraggiare da caos, sporcizia e cattivo odore. A loro basta qualche milionesimo di metro per sistemarsi. Sono batteri, muffe e funghi. E gli appartamenti degli accumulatori – persone affette da un disturbo che li porta a seppellirsi di oggetti e/o animali, nell’incapacità di disfarsene – sono il loro regno ideale. Ognuno di noi, anche nel più sano degli ambienti, ha per ‘coinquilini’ una certa quantità di microbi, ma fra gli accumulatori si possono toccare livelli record, arrivando anche a una carica batterica totale di 13.000 unità formanti colonia per metro cubo. A Milano per la prima volta qualcuno li ha misurati. E’ uno studente del corso di laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro dell’università Statale, Luciano Di Nunno, che proprio alle ‘vite sommerse’ ha dedicato la tesi sperimentale. E con il suo lavoro ha scoperto che fino al 75% delle case di accumulatori ha una concentrazione di batteri nell’aria che supera, in alcuni casi di molto, quella rilevata in media negli appartamenti vicini, in analoghe condizioni. Tutto questo ovviamente prima che gli appartamenti venissero sanati, con l’intervento dei tecnici dell’Ats Città metropolitana di Milano. Di Nunno, 34 anni, è uno studente lavoratore – “una passione per la medicina cresciuta anche grazie agli anni di volontariato con la Croce Rossa“, racconta all’AdnKronos Salute – e si è laureato nei giorni scorsi. Ha scelto di svolgere il tirocinio pratico negli uffici del Servizio di igiene pubblica dell’Ats milanese. L’Agenzia di tutela della salute da qualche anno, data la rilevanza del problema, ha un numero di telefono (02-85787670) e un indirizzo email (infoaccumulatori@ats-milano.it) dedicati agli accumulatori compulsivi e il gruppo di lavoro specifico per questi casi riceve ormai centinaia di segnalazioni l’anno. Di Nunno ha affiancato il suo tutor, il tecnico della prevenzione Giovanni Armando Costa, in diversi sopralluoghi in abitazioni private della metropoli lombarda per accertare inconvenienti igienici, principalmente legati appunto al problema dell’accumulo compulsivo. Nei 6 mesi del suo tirocinio, da aprile a ottobre 2016, sono stati 71. “In 20 appartamenti è stato possibile campionare l’aria: quelli di 6 uomini, età media 64 anni, e 14 donne, età media 56. Il 55% possedeva almeno un animale – spiega Costa – I casi sono stati divisi in accumulatori seriali di oggetti, accumulatori di animali e accumulatori ‘misti’. La situazione di questi ultimi è risultata la più compromessa dal punto di vista microbiologico”. Gli esperti hanno campionato l’aria con uno strumento portatile simile a una torcia con dei forellini all’estremità (si chiama ‘Surface Air System’ ed è stato messo a disposizione dalla Statale) per convogliare l’aria sulle piastre di laboratorio. Per ogni appartamento i prelievi sono stati 4: due per misurare la carica batterica totale, con incubazione a 22° per i livelli di microrganismi ambientali, e a 37° per microrganismi che potrebbero adattarsi all’uomo con pericoli per la salute. Un’altra piastra è stata usata per la ricerca della carica micetica (muffe, funghi), e l’ultima per la ricerca di enterobatteri. Si è poi tentato di completare il quadro raccogliendo informazioni sullo stato di salute degli accumulatori, che però “tendono a negare problematiche talvolta evidenti“, dice Costa. Risultato: sui microrganismi ambientali il valore record rilevato è stato di 13.000 unità formanti colonia per metro cubo ed è quello di un accumulatore mix, una donna di 45 anni sommersa di oggetti in un monolocale condiviso con due cani e 5 tartarughe d’acqua. Per i microbi che potrebbero adattarsi all’uomo il valore massimo è stato di 1.005 unità formanti colonia per metro cubo, registrato per un caso di accumulatore misto, un uomo di 56 anni che vive in un appartamento grande con 1 cane. Per quanto riguarda la carica batterica totale a 22 e 37 gradi, “il 66,6% degli accumulatori seriali e il 75% di quelli mix” è risultato al di sopra della mediana dei controlli (ottenuta sulla base dei valori rilevati in 20 abitazioni in normali condizioni igienico-sanitarie), riepiloga Di Nunno. Ancora: la carica micetica più elevata era nei campioni prelevati a casa di un accumulatore misto, un 63enne che vive con un cane in due locali con muffe, infiltrazioni e carenze strutturali nel wc. Tre i casi in cui ci si è imbattuti in enterobatteri: nelle case di due accumulatori seriali (fra cui la più giovane censita, una 34enne) e un mix. Inaspettatamente, invece, gli accumulatori di animali solo di rado hanno riportato valori superiori alla mediana di controllo in ognuna delle 4 misurazioni. Ma l’analisi microbiologica si è scontrata con alcuni limiti, dovuti in particolare alle difficoltà nel campionamento (per esempio certe case erano talmente invase di oggetti che non è stato possibile chiudere le finestre). I dati quindi sono risultati talvolta contraddittori e oscillanti. A sorpresa, poi, alcuni livelli record si sono registrati anche negli appartamenti di non accumulatori. “Il lavoro fatto è un primo passo – osserva la relatrice della tesi Marina Tesauro, Laboratorio di igiene ambientale del Dipartimento di scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche della Statale – Certo sarà necessario uniformare il modello di prelievo per evitare che risenta di tante variabili e ci vogliono studi aggiuntivi, su casistiche più ampie, per capire se e quale rischio esiste per la salute di queste persone“. Ma Di Nunno ha fatto di più che sondare l’aria: si è posto il problema di applicare per la prima volta in Italia un metodo standardizzato e oggettivo per documentare e classificare i casi di accumulo, adottando una scala di valutazione del degrado domestico (Eccs) validata da un team di scienziati australiani. Lo studente ha anche perfezionato questo strumento, introducendo dei fattori correttivi, per una valutazione più completa, alle 10 voce originarie (accessibilità ridotta; accumulo di oggetti; di rifiuti; pulizia di pavimenti e tappeti; di pareti e superfici di mobili; di bagno e toilette; di cucina e tracce di cibo; di zona notte; presenza di odori e presenza di parassiti). “Abbiamo preso in considerazione anche la superficie libera calpestabile e il rapporto tra numero di animali e superficie libera“, spiega. E sulla base di questa valutazione ben 16 case su 20 hanno riportato un punteggio superiore alla soglia di degrado. Nella maggior parte delle situazioni per ottenere il risanamento igienico degli appartamenti, sono stati adottati atti amministrativi che vanno dalla proposta d’ordinanza a 30 giorni nei casi meno gravi a quella contingibile e urgente nei casi a elevata gravità. E poi la segnalazione del caso ai servizi sociali e a tutti gli enti preposti al sostegno della persona.