Terremoto: 3mila aziende agricole e 100mila animali a rischio

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Sono circa 3mila le aziende agricole a rischio nei territori dei comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo che hanno subito danni strutturali gravi nelle campagne dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali. È quanto emerge dalla prima analisi elaborata dalla Coldiretti dei danni provocati dal terremoto. La Coldiretti esprime apprezzamento per l’impegno del presidente del Consiglio Mattero Renzi a favore degli agricoltori colpiti e per la convocazione per definire misure straordinarie per il settore da parte del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina di “una riunione straordinaria sull’emergenza terremoto con gli assessori regionali Carlo Hausmann del Lazio, Anna Casini delle Marche, Fernanda Cecchini dell’Umbria e Dino Pepe dell’Abruzzo“. L’agricoltura, tra manodopera familiare ed esterna, contribuisce in modo importante all’occupazione e all’ economia di quei territori. Una attività che – sottolinea la Coldiretti – alimenta anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono che il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione. Le scosse mettono a rischio un sistema che secondo la Coldiretti offre opportunità occupazionali solo nella fase di produzione agroalimentare ad almeno diecimila persone ma in pericolo ci sono anche specialità conservate da secoli, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito fino al prosciutto di Norcia Igp che con una produzione di 2350 tonnellate fattura oltre 50 milioni di euro, ma che nell’insieme rappresentano un patrimonio culturale del paese, oltre che economico ed occupazionale. Sotto il profilo dell’orientamento produttivo – sottolinea la Coldiretti – emerge che la percentuale maggiore di superfice agricola utilizzata è destinata a prati permanenti e pascoli a conferma del deciso orientamento verso le attività di allevamento e il prevalere quasi ovunque delle pecore anche se i bovini sono presenti a Norcia, Cascia ed Amatrice ma anche nel maceratese. Oltre il 90% delle aziende agricole sono di tipo familiare condotte direttamente dal coltivatore con una forte presenza dell’agriturismo che è particolarmente presente nei comuni dell’Umbria dove tocca la percentuale del 33%, soprattutto a Norcia (50%) e a Preci (75%). Nelle aziende agricole ed in quelle agroalimentari si contano danni strutturali a fabbricati, impianti e strumenti ma anche difficoltà a garantire l’alimentazione e l’acqua agli animali mentre la presenza di frane e smottamenti sulle strade rurali impedisce la circolazione e la raccolta e consegna dei prodotti. Gli animali devono mangiare tutti i giorni e le mucche devono essere munte due volte al giorno e per questo gli allevatori – sottolinea la Coldiretti – non possono trasferirsi lontano da mandrie e greggi che, senza vigilanza, rischiano peraltro nelle montagne di essere preda dei lupi. “Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti che occorre ora sostenere concretamente per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare la necessità che “la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo”. “Occorre una corsa contro il tempo per dare la possibilità agli allevatori di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi ma servono anche ricoveri sicuri per il bestiame con stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili” ha precisato Moncalvo nell’evidenziare “l’impegno di uomini e mezzi della Coldiretti in questi mesi per garantire sostegno alla popolazione rurale”. “L’emergenza e peggiorata e molte aziende oggi – conclude Moncalvo – rischiano di chiudere per sempre se non si creano le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilita’ e operatività per accudire il bestiame e dare continuità alle attivita’ produttive”.

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