“Preservare il tessuto sociale delle zone colpite dal Terremoto deve essere considerata una priorità: l’arrivo delle prime casette di legno ad Amatrice, anche in anticipo sulla tabella di marcia prevista, da questo punto di vista può costituire un aiuto fondamentale. La capacità di una popolazione di risollevarsi dopo eventi così devastanti non può prescindere dal riconoscersi in quanto comunità: nella ricollocazione della famiglie, dunque, gli amministratori cerchino il più possibile di rispettare e tutelare i vincoli di parentela, lavorativi e di prossimità, che soprattutto nei piccoli centri costituiscono l’irrinunciabile ossatura delle comunità”. Lo dichiara l’ingegner Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA. “Scardinare i vincoli affettivi e di relazioni sociali, anche attraverso una ricollocazione abitativa casuale o disordinata, può costituire un ulteriore ostacolo sulla via del ritorno a una vita il più possibile normale – prosegue Simoncini -. Non si tratta solo di dare un tetto alle persone, ma di farle sentire effettivamente parte di un contesto pronto a ricominciare nonostante tutto. Va assolutamente evitato quanto fatto ai cittadini dell’Aquila, vittime prima del Terremoto e poi di spersonalizzazione del territorio e alterazione degli equilibri sociali. La pianificazione e la realizzazione delle cosiddette newtown del capoluogo abruzzese furono portate avanti in modo frettoloso, a scapito della lungimiranza. Più che il problema della scarsa qualità costruttiva degli edifici, il vero errore fu che il trasferimento delle famiglie nelle nuove realtà abitative avvenne sistematicamente senza tenere conto delle condizioni territoriali e sociali di provenienza. Soprattutto per gli abitanti del centro storico della città, legati a doppio filo a un tessuto urbanistico e ad una comunità così caratterizzati, il disagio fu enorme e andò a sommarsi all’evento Terremoto, già di per sé altamente traumatico”.