Alimenti: rilevati alti livelli di acrilammide in alcune patatine fritte

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All’interno di alcune marche di patatine fritte confezionate è stata rilevata la presenza di acrilammide – una sostanza potenzialmente tossica e secondo alcuni studi cancerogena – a livelli superiori ai valori consigliati. I biologi dello Studio Abr hanno realizzato un’indagine sulla ricerca di acrilammide all’interno di patatine fritte confezionate, vendute nella grande distribuzione. L’analisi è stata compiuta su 6 campioni di patatine fritte a base di patate confezionate (scelte in maniera casuale) e appartenenti ad aziende più e meno note del territorio italiano, a marchio e non. Le confezioni acquistate sono state portate in laboratorio e qui analizzate. Ben 3 marche su 6 (cioè il 50% dei campioni), presentavano concentrazioni superiori ai valori consigliati dalle Linee guida europee dell’Efsa.
“Di fatto ci sono quindi in circolazione dei prodotti potenzialmente pericolosi per la salute, dunque servirebbero dei controlli più severi”, sintetizzano gli autori. L’indagine, spiegano le biologhe Elga Baviera e Sabina Rubini dello Studio Abr all’AdnKronos Salute, puntava a scoprire se è vero che nelle patatine, “come spesso viene riportato anche sulla stampa, si ha la presenza di acrilammide”.
Si tratta, ricordano gli esperti, di una sostanza che si forma in seguito alle alte temperature e si sviluppa durante i processi di frittura, di cottura al forno o alla griglia, come conseguenza di specifiche reazioni chimiche che coinvolgono gli zuccheri e gli amminoacidi. Diversi studi hanno evidenziato che non solo l’acrilammide, ma anche il suo prodotto metabolico principale, ossia la glicidammide, possono avere carattere neurotossico, genotossico e cancerogeno.
Tra i principali prodotti alimentari coinvolti nel rischio di formazione di acrilammide, secondo il Jecfa (Joint Fao/Who Expert Committee on Food Additives), troviamo: patate fritte a bastoncino pronte al consumo; patatine fritte cips; caffè; biscotti e pasticcini. “Tutti prodotti che tendiamo a consumare quotidianamente e che per questo motivo spesso sono posti sotto una ‘lente d’ingrandimento’. In questo stesso periodo, e contemporaneamente alle nostre indagini – ricordano le biologhe – altri gruppi hanno compiuto ricerche sull’acrilammide analizzando alimenti quali patate fritte a bastoncino e pronte al consumo, rivelando valori praticamente a norma (prendendo come riferimento rispetto a quelli indicati dalle Linee guide europee dell’Efsa, pari a 600 mcg/kg, da loro presi come standard)”.
La scelta dello Studio Abr si è basata sull’analisi di “6 campioni di patatine fritte a base di patate confezionate, scelte in maniera casuale. Le confezioni acquistate, integre e in perfetta shelf-life rispetto alla data di scadenza, sono state portate nel laboratorio chimico merceologico – Camera di Commercio Riviere di Liguria e analizzate. L’analisi è stata condotta su campioni di “Amica Chips Eldorada, Carrefour classiche, Crocchias classiche terranica, Lays classiche senza glutine, Patasnack classica senza glutine, San Carlo 1936”.
“Ben 3 marche su 6, cioè il 50% dei campioni, presentavano concentrazioni superiori ai valori consigliati dalle Linee guida europee dell’Efsa. Pur ricordando che sull’acrilamide la normativa dell’Ue e nazionale non impone dei valori limite ben definiti, come accade invece per altre tipologie di rischio microbiologico e chimico – precisano i biologi – le Linee guida dell’Efsa indicano dei parametri ben chiari da rispettare e che quindi sarebbe consigliato non superare (1.000 mcg/Kg). I dati riscontrati evidenziano un chiaro superamento dei valori rispetto a quanto raccomandato. Nello specifico, si tratta delle confezioni a marchio: Amica Chips Eldorada, Crocchias classiche terranica e Carrefour classiche. Invece i marchi Lays classiche senza glutine, Patasnack classica senza glutine e San Carlo 1936 sono risultati perfettamente in linea con le raccomandazioni”, si legge nell’indagine.
E’ possibile tutelarsi? “Sarebbe auspicabile e sicuramente molto rassicurante se ci fosse, come si attende da tempo, un intervento più deciso da parte dell’Ue – affermano le biologhe dello Studio Abr – con nuove indicazioni che non siano solo delle linee guida, ma che risultino anche giuridicamente vincolanti, quindi dei limiti oltre i quali si viene sanzionati economicamente”.
In Italia “siamo sicuramente molto attenti alla sicurezza alimentare – proseguono le esperte – ai controlli effettuati su criticità microbiologiche e chimiche come nel caso dei fitosanitari, al rispetto delle normative vigenti. Ma verosimilmente, in merito a controlli su sostanze tanto rischiose e meno conosciute o considerate, probabilmente bisognerebbe porre una maggiore attenzione e vigilare meglio”.
Proprio in base a quest’ultimo punto, essendo la formazione dell’acrilammide favorita dalla presenza di zuccheri e proteine ad alto contenuto di asparagina e che i tempi e le temperature di cottura sono fattori essenziali per l’innesco della reazione, “possiamo dedurre che una delle criticità da tenere sotto controllo, rispetto alla riduzione del valore di acrilammide, debba essere rivolta proprio alla gestione dei momenti di produzione, alle scelte di processo, alle attrezzature utilizzate e alle specifiche di fase messe in atto dalle aziende. Va posta attenzione durante la frittura, ossia nella scelta dell’olio da utilizzare e nel controllo del punto di fumo, nel cambio frequente dell’olio utilizzato”, concludono nell’indagine. (AdnKronos)

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