Non solo ripercussioni sull’ambiente: i cambiamenti climatici stanno innescando un mutamento geopolitico e demografico strutturale che condizionerà i prossimi decenni. Sebbene ancora non esistano stime certe del fenomeno, numerosi studi hanno cercato di quantificarne la portata. Le previsioni parlano di un potenziale numero di migranti ambientali, entro il 2050, che potrebbe variare da 50 milioni a 350 milioni. La stima più citata è quella fornita da Myers, che prevede 200 milioni di potenziali migranti ambientali entro il 2050. Secondo il Desertification Report 2014 dell’Unccd, entro il 2020 ben 60 milioni di persone potrebbero spostarsi dalle aree desertificate dell’Africa Sub-Sahariana verso il Nord Africa e l’Europa. L’Un Water parla di 1,8 milioni di persone che entro il 2025 vivranno in condizioni di scarsità idrica assoluta, mentre due terzi della popolazione globale potrebbe soffrire tensioni dovute alla difficoltà di accesso all’acqua. Al tema è dedicata la prima conferenza internazionale sul fenomeno delle migrazioni causate dai cambiamenti climatici promossa da Legambiente con la partecipazione di Sdsn, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, che si è aperta oggi a Roma. Di certo, è emerso dall’incontro, il fenomeno dei profughi climatico-ambientali è di rilevanza primaria e di intensità superiore a quello dei profughi da guerra. Secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Iom) nel 2014 la probabilità di essere sfollati a causa di un disastro è salita del 60% rispetto a 40 anni fa. Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre del Norwegian Refugee Council, dal 2008 al 2015 ci sono stati 202,4 milioni di persone delocalizzate o sfollate, il 15% per eventi geofisici come eruzioni vulcaniche e terremoti, e l’85% per eventi atmosferici. Nel solo 2015 gli sfollati interni allo stesso Stato sono 27,8 milioni, di cui 8,6 milioni provocati da conflitti e violenze e 19,2 milioni provocati da disastri naturali, intensi e violenti. L’Unhcr nel Global Trend 2016 dà, invece, numeri ben più sostanziosi: 40,8 milioni di profughi interni o sfollati nel 2015. L’incertezza sulle valutazioni esplicita la difficoltà a definire la figura stessa del migrante ambientale e proietta un altrettanto forte incertezza nella individuazione degli interventi. A monte del fenomeno, un intreccio di cause che ha reso molte terre inabitabili tra guerre, cambiamenti climatici e disastri ambientali, fame, povertà, disuguaglianze, dittature e persecuzioni. I migranti ambientali non rientrano nella figura di rifugiato riconosciuta dalla Convenzione di Ginevra, per cui a livello di protezione internazionale non hanno alcun diritto. Bisognerebbe quindi superare la definizione di rifugiato e in questo l’Europa potrebbe farsi promotrice presso l’Onu perché vengano riconosciuti diritti ai profughi economici ed ambientali. La richiesta emersa dall’incontro è di introdurre un diritto d’asilo unico per tutta l’Unione Europea che riconosca, sul modello della legislazione svedese e finlandese, anche i profughi ambientali ed economici. Oggi, per chi si vede respinta la domanda d’asilo, l’unico escamotage è la protezione umanitaria, che, di massima, dura due anni, è fortemente discrezionale e non consente il ricongiungimento familiare. Le attuali regole moltiplicano il numero degli irregolari che finiscono per divenire persone a rischio di illegalità, esposte allo sfruttamento e alle organizzazioni criminali. Il Paese in Europa con più rifugiati in rapporto alla popolazione residente è la Svezia con un rapporto di 11/1000, mentre in Francia il rapporto è di 3.5/1000 e in Italia è di 1/1000. E a proposito di Italia, il nostro Paese ha accolto 176.000 richiedenti asilo nel 2016 ospitati presso hotspot e centri governativi (15.000), strutture temporanee (137.000) e rete Sprar (23.000). Provengono principalmente da Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan e Siria, e sono distribuiti in Sicilia (16%), Lombardia (13%), Lazio (9%), Campania (8%), Piemonte e Veneto (7%). Dei 2600 comuni coinvolti, meno di mille hanno attivato i progetti Sprar (per la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati). La maggior parte dei progetti sono stati attivati in Toscana e Emilia Romagna, pochissimi in Veneto. Il 57% degli immigrati regolari vive in quattro Regioni: Lombardia (22.9%), Lazio (12.5%), Emilia Romagna (10.9%) e Veneto (10.5%). Nell’anno scolastico 2013-2014 gli alunni stranieri sono stati poco più di 802.000, di cui 415.000 nati in Italia. Le spese per prima accoglienza, cura e educazione minori stranieri per il 2016 ammontano a circa 3,3 miliardi. I rifugiati ricollocati presso altri stati europei sono 1.758. Si tratta soprattutto di eritrei (1.663) diretti soprattutto in Finlandia. Gli immigrati regolari sono l’8,3% della popolazione residente (Istat), l’11,3% tra gli under 14 e l’1,1% tra gli over 65. Complessivamente, questi rappresentano il 40% della popolazione in stato di povertà relativa. (AdnKronos)