Oltre 90 miliardi di particelle cosmiche, tra cui più di milione di rare particelle di antimateria, osservate in 5 anni, e lo studio sistematico di tutte le specie nucleari presenti nei raggi cosmici, evidenziando caratteristiche inaspettate nelle forme degli spettri di protoni, elio e litio. Questo primo bilancio dell’attività del grande cacciatore di antimateria Alpha Magnetic Spectrometer (AMS), installato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale nel maggio 2011, e al quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), apre per la ricerca in fisica delle particelle nello spazio un’epoca di misure di alta precisione, che richiede nuove e più approfondite teorie per spiegare le osservazioni effettuate.
I principali risultati che la missione AMS è riuscita a ottenere, grazie alle eccellenti prestazioni dello strumento e alla prolungata esposizione nello spazio, sono stati presentati oggi in un seminario al CERN dal premio Samuel C.C. Ting del MIT, responsabile internazionale della collaborazione, e fondatore dell’esperimento, nel 1994, insieme a Roberto Battiston, oggi presidente dell’ASI.
I contributi principali di AMS consistono nello studio delle particelle di antimateria: AMS studia lo spettro di positroni e antiprotoni nella radiazione cosmica in un intervallo di energie inesplorato. Lo studio dell’antimateria presente nel cosmo è, infatti, uno dei principali obiettivi per cui è stato progettato AMS, e su cui la collaborazione ha concentrato i suoi sforzi in questi cinque anni.
Deboli quantità di antiparticelle possono essere generate nell’urto tra le particelle che compongono la radiazione cosmica e le polveri interstellari, ma ogni eccesso di antiparticelle osservato, rispetto a quanto prevedibile dalla produzione “standard”, può essere potenzialmente legato alla presenza di nuove sorgenti esotiche, ad esempio annichilazioni di particelle di materia oscura. Dall’energia rilasciata in collisioni di particelle di materia oscura possono, infatti, essere prodotte particelle ordinarie, protoni o elettroni, insieme alle loro antiparticelle, antiprotoni e positroni.
Sperimentalmente, questa è una sfida in cui si cerca un ago in un pagliaio: per osservare un antiprotone devono essere “scartati” 10.000 protoni, 1.000 nuclei di elio e 100 elettroni, questo è stato possibile in AMS dall’utilizzo simultaneo di più tecniche di rivelazione mutuate dagli esperimenti di fisica delle alte energie negli acceleratori di particelle. AMS ha misurato i flussi di antiprotoni e positroni in un ampio intervallo di energie mai raggiunto prima, e ha studiato le differenti caratteristiche dei loro spettri rispetto alle rispettive particelle. In entrambi i canali è stato rilevato un “eccesso” rispetto a quanto atteso, eccesso che, con maggiore precisione e in un intervallo di energia più esteso, conferma quello visto da Pamela nel 2009.
Per spiegare queste osservazioni sono richieste nuove sorgenti di antiparticelle e/o nuovi meccanismi di generazione di queste antiparticelle nel mezzo interstellare. L’eccesso osservato è particolarmente significativo nei positroni, studiati per la prima volta fino a energie di 700 GeV, compatibile con modelli in cui la materia oscura è dovuta all’esistenza di nuove particelle con massa al TeV. Alternativamente, la produzione da sorgenti astrofisiche, quali le pulsar, rappresentano una sorgente “tradizionale” che potrebbe spiegare le osservazioni di AMS. La discriminazione tra queste due ipotesi è l’obbiettivo delle misure che AMS continuerà sulla ISS nei prossimi anni dopo aver aumentato ulteriormente la statistica di eventi raccolti.
Un altro mistero dell’antimateria investigato da AMS è legato alle origini dell’universo: nel modello del Big Bang iniziale è prevista la generazione di un’eguale quantità di materia e antimateria, ma l’universo che conosciamo è fatto di materia. Ad oggi non ne conosciamo il perché, non sappiamo né quali siano i meccanismi che possano aver portato alla annichilazione di tutta l’antimateria nei primi istanti di vita dell’universo, né se ci siano ancora residui di antimateria di origine primordiale. L’identificazione certa di anche un singolo antinucleo nella radiazione cosmica, ad esempio antielio o anticarbonio, riveste quindi un’estrema importanza, perché potenzialmente dovuto a nuova fisica, sia che sia stato prodotto nell’universo primordiale o in fasi successive dell’evoluzione dell’universo, per esempio attraverso l’annichilazione di materia oscura, oppure mediante processi ancora non studiati nel mezzo interstellare.
In cinque anni AMS ha selezionato 3,7 miliardi di nuclei di elio, che ha carica elettrica Z=+2, e alcuni eventi con carica elettrica Z=-2 e massa compatibile con quella di 3He, che quindi potrebbero rappresentare dei possibili candidati di nuclei di antielio. La proporzione tra il segnale cercato (antielio) e il possibile fondo (elio) in queste osservazioni è molto piccola, circa 1/1 miliardo: questo implica che, per avere la certezza della natura di questi eventi è necessario avere una comprensione di ogni possibile effetto strumentale in estremo dettaglio. Anche in questo caso occorre accumulare più dati per giungere alla piena comprensione di questi eventi, evidentemente uno degli obiettivi primari dei prossimi anni di AMS.
In questi cinque anni di attività, AMS ha anche iniziato uno studio sistematico di tutte le specie nucleari presenti nei raggi cosmici, dalle più leggere, come protoni, elio, litio, alle più pesanti, fino al ferro, presentando risultati fino ai nuclei di ossigeno. La grande statistica di eventi accumulati e l’accuratezza dei rivelatori che costituiscono AMS hanno permesso di evidenziare caratteristiche inaspettate nelle forme degli spettri, di protoni, elio e litio, distinguendo anche i diversi comportamenti delle specie “primarie”, prodotte dalle sorgenti, e “secondarie” prodotte principalmente nelle collisioni con il mezzo interstellare. L’interpretazione di queste misure è direttamente legata sia ai meccanismi che originano i raggi cosmici, che ai processi che ne segnano il percorso all’interno della galassia scandendo, in base ai rapporti trovati tra i flussi di diverse specie, i tempi del loro viaggio. L’estensione delle misure finora effettuate alle specie più pesanti, permetterà nei prossimi anni di formare per la prima volta un quadro complessivo delle proprietà spettrali dei raggi cosmici fino ad energie dei TeV.
“I venti anni spesi nel costruire e poi operare AMS sono pienamente ricompensati dai risultati presentati oggi e quelli che ancora ci aspettano negli anni a venire”, commenta Bruna Bertucci, responsabile INFN e vice-responsabile internazionale del progetto AMS. “AMS ha dato un nuovo indirizzo alla fisica delle particelle nello spazio – prosegue Bertucci – e la nostra soddisfazione è resa anche maggiore dal contributo fondamentale dei nostri giovani ricercatori ai risultati presentati oggi”. “L’entusiasmo per la ricerca che AMS ha trasmesso alle nuove generazioni di ricercatori e l’esperienza che hanno maturato in una collaborazione internazionale così competitiva permetteranno loro di proporre e guidare nuovi progetti, anche più ambiziosi, mantenendo così alta l’eccellenza italiana in questo campo”, conclude Bertucci.
Per la piena comprensione dei fenomeni osservati da AMS nell’ambito della fisica dei raggi cosmici, la discriminazione tra differenti scenari alla base degli eccessi osservati nei flussi di anti-particelle e la possibile conferma dei candidati di anti-elio sarà quindi fondamentale la continuazione della presa dati dell’esperimento nei prossimi anni, fino alla permanenza in orbita della Stazione Spaziale Internazionale.