I nonni italiani sono tra i più altruisti d’Europa. Lo dimostra un’indagine europea sull’active aging, condotta in 28 Paesi, secondo cui gli over 65 si piazzano al primo posto per altruismo e partecipazione alla vita sociale: sono oltre 3 milioni gli anziani che si dedicano al volontariato e all’assistenza di figli e nipoti. I nuovi anziani sempre più spesso in buona salute e senza acciacchi si rivelano una risorsa per le famiglie e il Paese. Degli oltre 13 milioni di over 65 italiani, 6 milioni sono del tutto autonomi e perfino il 10-15% di chi ha piccole difficoltà e dei 2 milioni in condizioni di salute scadenti dedica parte del suo tempo agli altri. Nella classifica generale sull’active aging, l’invecchiamento attivo, l’Italia si ferma al 14simo posto. Lontana dal podio occupato da Svezia, Danimarca e Olanda, fa comunque meglio di Paesi come Belgio, Portogallo e Spagna. Ma ad abbassare la media sono le minori misure per favorire l’invecchiamento attivo, il grado di indipendenza e soprattutto il tasso di occupazione, pari al 27% contro il 46% della media europea. Secondo i dati emersi al congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), in corso a Napoli, sono oltre 1 milione i lavoratori over 60. Ma ad abbassare la media sono le minori misure per favorire l’invecchiamento attivo, il grado di indipendenza e soprattutto il tasso di occupazione, pari al 27% contro il 46% della media europea. I lavoratori over 60 in Italia sono, infatti, oltre 1 milione ma nei prossimi anni il numero è destinato ad ampliarsi, complice l’aumento dell’età pensionabile. “L’invecchiamento attivo è un obiettivo dell’Ue perché esiste una relazione positiva fra active ageing index e Pil – spiega Nicola Ferrara, presidente Sigg – Per volontariato e aiuto nella gestione familiare siamo al primo posto a pari merito con l’Irlanda, probabilmente grazie al senso molto forte per la famiglia tipico della nostra cultura. L’attività di volontariato può e deve essere incentivata, perché è un metodo ideale per continuare a sentirsi utili agli altri, per non isolarsi“. “L’assistenza a figli e nipoti – aggiunge – è molto aumentata negli ultimi quattro anni ma sarà probabilmente messa sotto pressione dall’aumento dell’età pensionabile delle donne: se da una parte restare al lavoro è positivo, esiste tuttavia il rischio di creare una ‘generazione sandwich’ schiacciata fra la cura dei figli e dei nipoti e quella dei genitori, perché grazie all’allungamento della vita media i grandi anziani sono sempre di più“. Negli altri domini che indicano il grado di invecchiamento attivo, l’Italia ha grandi margini per migliorare: le misure messe in atto per favorire l’active aging, come l’accesso ai servizi, l’istruzione per la terza età, l’uso di tecnologie che aiutino nella quotidianità ci vede al 15esimo posto. “I servizi per gli anziani sono in diminuzione a causa della crisi che si riflette sulla comunità – prosegue Ferrara – L’anziano non è un malato ma un soggetto indebolito. E’ necessario che le istituzioni si facciano carico di misure per facilitargli la vita“. Per livello di indipendenza, aderenza agli stili di vita salutari, attività fisica, assenza di rischio di povertà, l’Italia è al 17simo posto, dietro a Paesi come Croazia, Malta o Repubblica Ceca. “E’ soprattutto nella possibilità di accedere a un’occupazione che l’Italia può e deve migliorare molto – osserva ancora il presidente Sigg – perché si piazza al 19esimo posto superando solo Paesi come Slovenia, Ungheria o Grecia“. “Favorire il lavoro negli anziani è un obiettivo Ue per l’invecchiamento attivo e va inteso anche come una strategia per fronteggiare le conseguenze economiche e occupazionali della ‘seconda transizione demografica’. L’obiettivo – sottolinea Ferrara – è lo sviluppo di approcci e metodi innovativi per gestire il prolungamento della vita attiva e migliorare le condizioni di lavoro degli anziani, attraverso politiche che li valorizzino“. “E’ necessario che la sostenibilità di pensioni e servizi sociosanitari sia raggiunta attraverso il contributo degli anziani, attraverso stili di vita che favoriscano un invecchiamento in salute – conclude – Invecchiare sentendosi più indipendenti e coinvolti nel lavoro e nell’impegno sociale significa promuovere le potenzialità degli anziani: deve essere un impegno e una sfida concreta perché contribuirà a migliorare la futura sostenibilità dei sistemi di welfare e del benessere degli anziani stessi“.